sabato 29 dicembre 2018

"Il ritorno di Mary Poppins" 26 dicembre 2018

Non sempre il ritorno sa essere all'altezza della prima venuta, ma qui c'è di mezzo chi sostiene che tutto sia possibile persino l'impossibile!
"Il ritorno di Mary Poppins", che abbiamo visto al cinema ieri con Maria Celeste,  riporta  piccoli e grandi spettatori di nuovo al viale dei Ciliegi numero 17. È il 1930 e Michael e Jane Banks di venti anni più grandi sono ora alle prese con una nuova generazione di tre piccoli Banks, figli di Michael, rimasto vedovo da poco,  e nipoti di Jane.
È per loro che ritorna lei, la "praticamente perfetta sotto ogni aspetto" Mary Poppins, che si aggancia all'aquilone del piccolo Georgie Banks mentre scende dal cielo con il suo ombrello dal manico-becco parlante tra i fumi della Londra di inizio '900. Ad annunciarne l'arrivo non è più il suo amico spazzacamino Bert, ma l'acciarino Jack. Non ritornano con lei il suo "Supercalifragilistichespiralidoso" né quel po' di zucchero che bastava  a mandar giù la pillola, ma ritorna la magia capace di trasportare i suoi nuovi bambini
dentro luoghi e avventure immaginarie che di quelle passate conservano tanto pur aggiungendo o variando un bel po'. E se la prima volta per Jane e Michael bambini mettere in ordine la cameretta si trasformava in uno spettacolo di animazione dei loro giochi e mobili, qui Annabelle, John e Georgie Banks, alle prese con le pretese della nuova e non richiesta tata, non vogliono farsi il bagno, ma scopriranno un vasto e profondo oceano-mondo dentro la loro vasca. E come vent'anni prima i piccoli Banks saltano dentro ad un disegno di Bert che l'uomo ha realizzato con i gessetti colorati all'ingresso del parco, ora i tre bambini finiscono dentro un prezioso vaso di porcellana che hanno involontariamente sbeccato per poter riparare al danno. E nella "realtà" Mary Poppins li porterà anche a conoscere una stramba cugina- interpretata da una scoppiettante Meryl Streep- che ripara ogni cosa, salvo ogni secondo mercoledì del mese in cui la sua casa-mondo si capovolge: e ritrovarsi a testa in giù per i piccoli Banks sarà un po' come fu per Michael e Jane prendere il tè a gambe all'aria nel soggiorno dello strambo zio di Mary Poppins a cui ridere a crepapelle faceva quest'effetto.
Anche Jane e Michael cresciuti ricordano i loro genitori: lei per il suo attivismo in difesa dei diritti dei lavoratori erede della mamma  suffragetta; lui per il suo lavoro nella stessa banca del padre che all'inizio dalla storia e per mano del giovane nipote dei ricchi banchieri Dawes, cerca di portargli via la casa se Michael non estinguerà il suo debito entro la mezzanotte del quinto giorno da quando tutto ha inizio. Ma poi entrerà il scena il vecchio zio banchiere, interpretato dal novantenne Dick Van Dick che nel 1964 vestiva i panni dello spazzacamino Bert.
E se nella prima edizione aveva un ruolo anche un monumento di Londra, la maestosa cattedrale di  Saint Paul sui cui gradini sedeva la vecchina che per un penny dava da mangiare ai piccioni, ora è il Big Ben ad entrare in scena le cui lancette devono anch'esse ri-tornare, indietreggiare solo di alcuni minuti, per poter consentire a Jane e a Michael di consegnare quel certificato azionario in banca che potrebbe salvare dal pignoramento la loro casa: e sono gli acciarini, i signori lampionai di Londra, ad aiutare i Banks in quest'impresa. Il balletto che nel film del '64 avveniva in alto tra i tetti e i comignoli della fumosa Londra grazie a Bert ed ai suoi amici fuligginosi, ora si sposta giù in una sorta di magica Londra sotterranea dove Mary, Jack e gli altri lampionai londinesi insegnano ballando ai tre piccoli Banks una nuova lingua in codice, in cui dire una cosa può significarne un'altra.
E la nuova Mary Poppins-Emily Blunt? "Praticamente perfetta sotto ogni aspetto" o quasi 😉 direbbe la vecchia Mary Poppins- Julie Andrews!

(Non) c'era una volta ...ma forse ci sarà!

(Non) c'era una volta...
-Ehi, aspettate! Chi mi ha messo tra parentesi? – chiese il Non, che avrebbe dovuto essere protagonista di questa storia.
-Noi!- esclamarono in coro i personaggi delle favole: ed erano talmente tanti che il povero Non …non ce la faceva neppure a contarli!
-E chi vi avrebbe mandati a chiamare?- chiese ancora il signor Non.
-I tuoi vicini!- esclamò il favoloso coro- C'era, una e volta! Proprio così, i tuoi vicini! Quando hanno sentito che si voleva far iniziare una favola con te e non più solo con loro, come da secoli e secoli accade, hanno chiamato tutti noi e ci hanno avvisati di quanto sarebbe potuto accadere!
-Vale a dire? Cosa mai potrebbe accadere per mezzo di una favola che inizi con me?- domandò il povero Non che ...non ci stava per l'appunto capendo granché!
-E ce lo chiedi pure?- ribatté il saggio Grillo parlante, che era stato eletto portavoce della favolosa  adunata -Lascia che te lo spieghi. Se una favola cominciasse con te o da te, accadrebbe che noi tutti non potremmo più esserci: se ci fossi tu, infatti, non ci sarebbe più un posto per noi, perché solo là dove tu non ci sei noi ci siamo!
- Continuo a non capire: perché io e voi non potremmo stare insieme nella stessa storia?- chiese il signor Non al quale le parole del Grillo avevano solo fatto venire un gran mal di testa!
-Cercherò di essere più chiaro. Tu, caro Non, hai mai letto una favola in vita tua?- chiese allora il Grillo
- Non ho mai potuto! Ma non che io non abbia voluto…Proprio non ho potuto… non so se mi sono spiegato? È che tutte le azioni poste davanti a me si annullano per contattp: io le nego! Pertanto qualunque verbo mi si avvicini non può compiere la sua natura incontrandomi! Io sono “Non” ed è come se Non fossi! Non so se ho reso l'idea.
-Credo di aver capito! Tu non hai mai potuto leggere perché l'azione del leggere come qualunque altra azione è da te e per te negata, giusto? Pertanto non ci conosci non perché non hai voluto, ma perché non hai potuto, giusto?-
-Giusto!-
- E allora comprendi perché abbiamo dovuto metterti tra parentesi? Perché il rischio era che tu negassi anche noi!-
- Ma voi non siete verbi!- esclamò però  Non
-Noi, no, ma “c'era” lo è e se un lettore legge una storia che  inizia con “Non c'era una volta…” penserà che le favole non esistano più!
-O che esistano ora!- ribatté Non
-Come?- chiese a quel punto il Grillo
- Se “non c'era una volta” è probabile che ci sia ora: voglio dire che quanto prima non c'era potrà esserci stato poi: pensateci un po’! Non c'era una volta un Grillo parlante prima che fosse stata inventata la storia del Grillo, ad esempio.
-Quella di Pinocchio vorrai dire: io mica posseggo una storia tutta mia, il vero protagonista della storia cui appartengo è  un burattino di legno, quello lì in fondo vicino a quel brav’uomo vestito da falegname che di nome fa Geppetto, vedi?- e il Grillo indicava con una delle sue sapienti zampette il suo amico Pinocchio che stava lì insieme al suo babbo ad ascoltare.
- E allora se una storia tutta tua una volta non c'era, non potrebbe cominciare ad esserci adesso?- disse il Non.
-Effettivamente a volerci ben pensare, non è affatto una brutta idea! Che ne dite voi altri?- e il Grillo rivolse la domanda ai tanti personaggi ivi radunatisi perché spinti tutti da un'unica grande preoccupazione: quella che il Non ne volesse cancellare l'esistenza anteponendosi alle storie che avevano dato loro vita, all'inizio delle favole che li avevano una volta generati.
E fu così che tra quei tanti personaggi cominciò a correre l'idea che forse, proprio grazie al Non, tutti avrebbero potuto avere una storia da protagonisti, anche chi fino ad allora non ne aveva avuta una tutta per sé.
Così  chi c'era una volta poté sentirsi al sicuro del fatto che ci sarebbe stato ancora. Chi, invece,  una volta non c'era, o almeno non come avrebbe voluto esserci, poté cominciare a sognare di esserci d'ora in avanti. E fu tutto merito dell'ingegnoso Non.
Fu così che le parentesi dentro cui il Non era stato rinchiuso, all'inizio di questa storia, vennero aperte e “Non c'era una volta” diventò un nuovo inizio e non di una  sola bensì di tante favole nuove.
(di Margherita Cerniglia...tra parentesi😆😉)

venerdì 28 dicembre 2018

L' imprevedibile caso del bambino alla finestra di Lisa Thompson

Matthew è detto il "pesciolino", il "ragazzo nell'acquario", perché vive stando per lo più dietro al vetro di una finestra: da lì egli, voce narrante protagonista, racconta ai lettori la sua storia e quella di altri.
E lo fa dopo che ha scelto da alcune settimane di rifugiarsi definitivamente dentro la sua stanza, dal momento in cui la paura di ammalarsi a contatto con microbi e batteri si è impadronita di lui. Gli spiegheranno poi che il suo è un DOC, un disturbo ossessivo-complusivo che si è manifestato solo negli ultimi tempi ma che ha radici ben più profonde.
Da quando Matthew ha deciso di non uscire più dalla sua stanza, ha smesso di andare a scuola, di uscire di casa e anche di fare entrare nella sua camera chiunque provi a farlo perché fonte di contagio per lui. La finestra diventa, pertanto, l'unico mezzo di contatto tra Matthew e il mondo esterno: la finestra, infatti, ha il vantaggio di mostrare a Matthew ciò che intorno a sé accade, ma tenendolo a debita distanza da esso.
Matthew ha  anche preso l'abitudine di annotare su un quaderno minuziosamente ciò o chi vede fuori dalla finestra quando vi si affaccia:le sue sono descrizioni piene di numeri, perché Matthew annota l'ora in cui ha visto e conta chi o cosa ha osservato. E c'è un numero che Matthew teme più di tutti, quello che annota persino chiamandolo in altra maniera "diecipiùtre" tanto gli fa paura!  Ma i suoi appunti sono anche pieni di notazioni soggettive, di pensieri con cui Matthew accompagna le sue osservazioni. Ecco perché quando il piccolo Teddy, il nipotino di 15 mesi del signor Charles, uno dei vicini di casa di Matthew, scompare misteriosamente dal giardino del nonno dove era stato visto giocare da solo poche ore prima, scatta anche in Matthew la volontà di cercarlo, mettendo insieme  quegli appunti che potrebbero trasformarsi in indizi che lui e solo lui ha potuto raccogliere.
" Guardai dalla finestra, mentre i poliziotti continuavano a perlustrare la strada, raccogliendo prove per cercare di risolvere il mistero. Ma non conoscevano il vicinato come me. Non vedevano le cose che vedevo io".
Grazie agli occhi di Matthew, infatti, il lettore ha modo di conoscere chi popola la via nella quale Matthew vive, a partire dai suoi genitori e persino dal fratellino che non c'è, Callum, morto a pochi mesi cinque anni prima, ma assai vivo  nei ricordi di Matthew. Tra i vicini di casa di Matthew  c'è una coppia di sposini in attesa del loro primo figlio; c'è una coppia di pensionati curiosi e impiccioni; c'è  il vecchio signor Charles, assai premuroso verso le sue piante e la cui vita quieta viene quasi bruscamente interrotta dall'arrivo dei suoi due piccoli nipoti, Casey, di sei o sette anni, e il piccolo Teddy che poi scompare.
È Casey che soprannomina Matthew "il ragazzino nell'acquario" per questa sua strana abitudine di stare sempre dietro ad una finestra.  Poi c'è la vecchia Nina, vedova del pastore e abitante abusiva dell'unica e più vecchia casa della via, quella che l'impresa edile che aveva vent'anni prima edificato le altre sei case non era riuscita ad abbattere, lasciando quell'abitazione lì come una sorta di dente marcio rispetto ad una dentiera di edifici  nuovi e pressoché identici tra loro. E poi ci sono altre due famiglie, entrambe senza papà ed i cui figli hanno più o meno l'età di Matthew. Una è la famiglia di Melody, composta da lei, sua madre Claudia e il loro cagnolino: Melody ha una strana abitudine, quella di  percorrere spesso il sentiero che conduce verso il cimitero. E infine la famiglia di Jack, composta solo da lui, suo fratello maggiore Leo e sua madre: sono stati abbandonati dal padre poco dopo la nascita di Jack e la scoperta di tutte quelle allergie che avevano trasformato la vita del bambino in un inferno. Ed è per questo, ci racconta Matthew che si ricorda dei primi anni di scuola di Jack, che lui si era trasformato da perseguitato a persecutore ad un certo punto: dopo anni di prese in giro per tutto ciò che essere così allergico comportava, Jack stava ora tentando di riprendersi la sua rivincita nel peggiore dei modi e ai danni degli altri, agendo da bullo.
Quando Matthew decide di occuparsi della scomparsa di Teddy, capisce di avere bisogno di un aiuto esterno, di chi possa compiere dei sopralluoghi lungo il vicinato guidato dai sospetti del ragazzo alla finestra. Ecco perché sceglie di accettare l'aiuto che gli offre Melody anche lei  interessata alla misteriosa scomparsa del piccolo Teddy. L'aiuto di Melody si rivela indispensabile: Matthew, infatti,  guida a distanza  la ragazza attraverso l'invio di email in cui le detta come delle coordinate affinché lei possa svolgere le sue indagini sul posto. Ma quando Jake per caso scopre della "loro indagine", insinua  dei dubbi in Matthew sul conto di Melody, inviandogli a sua volta un'email: Jack sostiene, infatti, che Melody abbia qualcosa da nascondere, lei che va e viene spesso dal cimitero. E cosa vada a fare Melody al cimitero, questo effettivamente neppure Matthew lo sa. Le cose si complicano proprio quando il cane di Melody ritrova nel suo giardino la copertina azzurra cui il piccolo Teddy è molto affezionato tanto da portarla spesso con sé.
Che Melody stia nascondendo davvero qualcosa, come ipotizza Jack? E se quella fosse solo una coincidenza? E se fosse, invece, Jack ad aver fatto tutto questo per allontanare da sé  eventuali sospetti? O se alla fine questi tre strambi ragazzi, tutti e tre diversi dai loro coetanei, non c'entrassero niente con questa storia e fossero gli adulti responsabili della scomparsa del piccolo Teddy?
Sono solo alcune delle domande che spingeranno i giovani lettori ad intraprendere la lettura di questo romanzo, esordio nella letteratura per ragazzi dell'autrice Lisa Thompson. Potranno così scoprire la soluzione di quest'imprevedibile caso guidati dagli occhi scrutatori  di Matthew al quale potrebbe anche essere sfuggito qualcosa, forse proprio la chiave di tutto.
Buona lettura😉😉😉

giovedì 27 dicembre 2018

"Io non ci sto. L'estate in cui diventi partigiana"

Il breve romanzo di Gabriele Clima, "Io non ci sto. L'estate in cui divenni partigiano" ci racconta una storia semplice, come tante possono essercene o essercene state. È la storia di un'adolescente di nome di Giulia che va a trascorrere qualche giorno di vacanza in paese, nella casa del nonno, Casaverde, come la chiama lei, dove non si reca da due anni. E in due anni Giulia è cambiata: è passata dall'infanzia alla preadolescenza, ha conosciuto nuove "abitudini" (il cellulare, Internet) ed è quasi sicura che la breve vacanza a Casaverde non avrà più il sapore magico che aveva una volta. Anche il nonno  trova la nipote cambiata, più grande, e sarà questo cambiamento a renderli più vicini anche questa volta e a far sì che il nonno le racconti una storia nuova rispetto a quelle che le narrava da bambina, una storia i cui protagonisti hanno più o meno l'età di Giulia e della sua amica Marta, che lei ritrova in paese tutte le volte in cui va a trovare il nonno. È una storia vecchia, di molti anni fa, di quando il nonno e il suo più grande amico, Angelo, avevano tredici anni appena, ma combatterono una guerra. "Una guerra non si sa mai dove può portare anche la più piccola, anche quella che volete fare a quella testa calda giù in paese", dice un giorno il nonno a Giulia. E già, perché anche Giulia, ispirata da una frase letta ai piedi della statua del giovane Gramsci che campeggia sulla piazza del paese, decide di combattere una piccola grande guerra, quella contro l'arroganza di Tosi e dei suoi amici-bertucce, che si divertono a prendere in giro Testa-de-mul, il ragazzo affetto da un ritardo cognitivo che va in giro con il barattolo delle sue mosche, che lui adora catturare.
Giulia sfiderà Tosi invitandolo a fare ciò che lui ha più paura di fare quando se lo ritroverà dinanzi a sbarrarle la strada di fuga dopo che lei ha liberato Testa-de-mul dalla prigionia di Tosi e dei suoi scagnozzi: e Tosi, i cui occhi azzurri hanno attirato Giulia come calamite sin da quando per la prima volta ha incrociato il suo sguardo, la bacia!
Tosi ha paura di non piacere alla "tipa di città", come lui chiama Giulia dalla prima volta in cui la incontra insieme a Marta, e c'è chi nella vita di tutti i giorni sfida solo apparentemente le proprie paure incutendone ad altri. Ma quando Tosi si ritrova innanzi lo sguardo combattente e combattivo di Giulia che lo sfida a fare ciò che lui più teme, le sue paure devono uscire allo scoperto, devono abbassare la maschera e il bacio sulle labbra di Giulia sarà segno che lo spettacolo peggiore di cui Tosi è abituato ad essere protagonista non andrà più in scena. Perché come dice Giulia "un'abitudine è qualcosa in cui ti infili così, senza pensarci...è una strada in cui ti infili senza rendertene conto e che segui perché ormai l'hai imboccata. Ma non l'hai deciso, è lei che ti ha guidato e adesso ti governa e ti impedisce di farti domande. Ti frega, l'abitudine".
Se dovessi, pertanto, eleggere la citazione-chiave della storia narrata da Clima in questo libro, sceglierei proprio quella appena riportata. Perché, come scrive nella paginetta finale di riflessione "La Resistenza, oggi" Aude Pacchioni, presidente in carica dell'A.N.P.I modenese, essere partigiani "non vuol dire necessariamente avere fatto la Resistenza; vuol dire soprattutto prendere posizione, schierarsi, far sentire forte e chiara la propria voce". Prima occorre dare ascolto a quella voce dentro di noi: solo così poi troveremo il coraggio di farla sentire anche agli altri.