sabato 31 agosto 2019

Di un parco, di un gioco e di un'avventura per imparare la grammatica

Furio Mangiafuoco è un professore, fiero creatore di un parco di divertimenti unico al mondo: Grammaland, questo è il suo nome, è l'unico parcogiochi  nel quale si insegna la grammatica. C'è "l'ottovolante dell'apostrofo, la giungla della I, il tunnel degli orrori di Congiuntivik" e i ragazzi cercano di non "cadere nei trabocchetti ortografici e sintattici che li catapultato in aria o li fanno precipitare nelle botole ecc...". È frequentatissimo Grammaland, perciò quando Fuorio viene contattato dal suo vecchio maestro Evaristo Tritacarne, il quale gli parla di un'invenzione assai particolare, a Furio viene in mente che essa potrebbe permettergli di aprire una nuova sezione del suo parco. Già, perché Evaristo pare abbia trovato il modo di trasformare le parole in cose, ma affinché questa trasformazione si realizzi le parole, le frasi e le storie dovranno essere SCRITTE BENE. Evaristo, che confessa al suo ex allievo ormai adulto di avere il proprio laboratorio segreto proprio al centro del parco che confina con Grammaland, ha bisogno, però, di cavie per provare che la sua invenzione funzioni. Ecco perché ha scritto a Furio, affinché questi, insieme ad un piccolo gruppo scelto di allievi, vada a trovarlo nel suo laboratorio cimentandosi nel gioco che Tritacarne loro proporrà. Non anticipa null'altro di più nella sua email.
Furio accetta pertanto l'invito e in compagnia di  tre ragazzi e altrettante ragazze va a fare visita al suo vecchio maestro.
Questi, però, non rivela al suo ex allievo quale destino attende i sei ragazzi che faranno da cavie alla sua invenzione: li fa accomodare su delle poltrone, fa loro indossare un casco e poi, attraverso un trasformatore neurocibernetico, trasforma i sei ragazzi in altrettanti personaggi di un fumetto.
Furio allora scatena ciò cui il suo nome rimanda la sua furia verso il maestro Tritacarne, il cui cognome peraltro lascia davvero ben poco sperare che i sei ragazzi tornino prima o poi alla realtà. Questi ultimi, infatti, vengono catapultati dentro Scriptoria, un mondo virtuale che impone loro di superare diversi livelli di gioco che hanno tutti a che fare con il mondo della scrittura. Come ogni videogioco anche a Scriptoria il superamento di ciascun livello permetterà l'accesso a quello superiore fino alla vittoria finale, quella che dovrebbe riportare nel mondo reale i sei ragazzi.  Né Evaristo, però, né i ragazzi sanno se ciò mai accadrà...
"Scrivere bene è un gioco da ragazzi" di Massimo Birattari è, come recita lo stesso sottotitolo, "un corso di scrittura avventuroso come un romanzo" o un romanzo d'avventura per imparare a scrivere bene.
Ad ogni livello di gioco, 10 in tutto, sparsi per altrettanti capitoli non sempre consecutivi, i sei ragazzi protagonisti si cimentano in attività di scrittura e nelle discussioni che ruotano intorno ad esse. Si parte da un'operazione apparentemente semplice quale quella di "semplificare" un brano per renderlo più chiaro. La semplificazione, infatti, è un esercizio che richiede una serie di accorgimenti formali che non alterino, però, il contenuto del testo su cui s'interviene: ogni informazione essenziale all'interno di quest'ultimo, infatti, dovrà essere preservata durante la sua semplificazione. Seguono la scrittura di istruzioni, il racconto (si badi non la descrizione!) di un ambiente, l'invenzione di animali fantastici e la creazione di un personaggio, la scrittura di una visione del mondo da parte di un oggetto, la transcodificazione da un genere all'altro ed altre trasformazioni narrative, la crazione di un ambiente extraterrestre e, solo a questo punto, si giunge al livello 10. Qui si chiede ai giocatori virtuali e reali di provare a mettere insieme una storia coerente, attingendo a quanto è stato via via prodotto fino al livello precedente.
Il bello è che oltre alle istruzioni per il superamento di ciascuno livello-gioco i lettori si troveranno a condividere con i loro coetanei personaggi del libro quei dubbi e quelle osservazioni che di fronte a certi input di scrittura albergano spesso in chi deve scrivere e che talora, in classe, non vengono affrontati. È anche questo, come "23 regole per diventare scrittori" di cui parlo nel precedente post, un metalibro scritto perché altri imparino a scrivere.
Io me ne servirei in una prima o in una seconda classe, quando generalmente si affronta anche il genere d'avventura.
In appendice al libro, inoltre, Massimo Birattari regala ai suoi lettori degli spunti di scrittura altri sempre corrispondenti ai vari livelli di gioco affrontati dai protagonisti.
E non si dimentichi che Grammaland, esiste veramente...o virtualmente, sempre ammesso che i due piani siano ormai distinguibili.
Si trova qui, a questo link, qualora venisse voglia a qualcuno di visitarlo: io ci vado spesso e mi diverto pure.😊😊

venerdì 30 agosto 2019

La scatola di zio Evaristo: kit di ri-animazione della scrittura in classe

Immaginiamo di entrare in classe (possibilmente in una classe prima) accompagnati da una scatola rossa e chiusa. Le scatole, ancor più se chiuse, suscitano la curiosità di chi attende di sapere cosa contengono.
La prima cosa che potremmo tirare fuori da essa sarebbe il libro che leggeremmo insieme a loro, ma questo spezzerebbe l'incantesimo e porterebbe i ragazzi a pensare che si è solo voluto far fare ad un libro un ingresso più scenografico in classe.
La scatola, infatti, dovrebbe essere di medie dimensioni, non più grande di una scatola per calzature. Se poi se ne usasse una vecchia possibilmente di legno o di altro materiale sarebbe meglio: e come già detto prima, di colore rosso.
Cosa tirare fuori per primo dalla scatola? Una vecchia audiocassetta, ad esempio, con al suo interno una voce narrante che legga l'Introduzione al libro "23 regole per diventare scrittori", di Perdomenico Baccalario e Alessandro Gatti. In mancanza di un'audiocassetta si potrebbe optare per un CD, più facile da reperire e far ascoltare in classe ai ragazzi.
L'ascolto dell'introduzione al libro servirebbe ad entrare dentro la storia, terminato il quale si potrebbe tirare fuori dalla scatola il primo oggetto numerato, uno specchio. E continuare...anzi cominciare con il primo oggetto-regola per la buona scrittura.
Di manuali sulle regole per scrivere bene è pieno il mondo, specie quello della scuola. Diventa, però, assai più interessante a mio parere, per un pubblico di giovani lettori, imparare delle regole dentro una storia che faccia loro da cornice. È questa l'idea alla base del libro di Baccalario e Gatti.
In "23 regole per diventare scrittori" Alessandro Gatti e Pierdomenico Baccalario, autori in carne ed ossa, immaginano che due scrittori in carta e inchiostro, Gianfederico Slaccabardi  e Arturo Felini, siano stati invitati su un'isola per prendere parte ad uno stranissimo convegno sul romanzo breve e il racconto lungo😊. E che colti dalla tempesta "malmostosa" (Gatti e Baccalario sono entrambi sabaudi😂) si siano ritrovati a trascorrere la notte in una locanda del posto.  Lì la figlia dei proprietari, un'adolescente di nome Gilda, appresa la notizia di ciò che i due fanno di mestiere, mostra loro una strana scatola-quella con cui si entrerebbe in classe-  appartenuta ad uno zio di famiglia, zio Evaristo, che amava leggere e scrivere, ma non solo...
Così approfittando del lungo blackout che ha fatto saltare la corrente e la possibilità di vedere la partita per i due avventori, la ragazzina decide di coinvolgerli non solo nell'apertura della  scatola, ma anche nella decodifica degli oggetti che essa contiene: sono 23, tutti numerati e a detta dello zio Evaristo costituiscono il "kit dello scrittore". Ma perché? È quello che Gilda vorrebbe scoprire.
Si comincia da uno specchio e si arriva ad un "coso" indecifrabile, passando per uno strano foglio, un paio di occhiali senza lenti, una vecchia foto di classe, un soldatino, un passaporto di nessuno, il mirino di un vecchio fucile, due fiori intrecciati ecc...
Ognuno di questi oggetti misteriosi rimanda all'arte dello scrivere, questo sembra voler dire zio Evaristo a Gilda: ma in che modo?  Qual è il legame tra ciascun oggetto e la possibilità di diventare uno scrittore?
Ad ogni oggetto e all'indagine sulla sua funzione nel mondo della scrittura è dedicato rispettivamente ciascun capitolo del libro. E alla fine di ogni capitolo vi è una paginetta dal titolo "Ma in pratica...?" che permette al docente di far cimentare i ragazzi in graduali step di scrittura, fino al gran finale...
Una sorta di metalibro, dunque, un manuale di scrittura dentro una storia,  frutto del lavoro di due bravissimi scrittori per ragazzi quali Gatti/Felini e Baccalario/Slaccabardi, amici nella vita oltre che sulla carta.
Proprio perché alla fine del libro e perciò della storia gli allievi dovrebbero aver acquisito gli strumenti per poter scrivere una una storia tutta loro, il finale potrebbe perciò essere proprio un piccolo concorso di scrittura creativa sul cui tema l'insegnante potrebbe sbizzarrirsi. Alla fine del libro c'è anche un indirizzo cui Felini e Slaccabardi invitano a spedire la storia che ciascuno avrà scritto:
23@bookonatree.com
E se poi rispondessero veramente?😊😊😊
Non rimane che provare per credere.

giovedì 29 agosto 2019

Di quando per ri-animare un libro lo si processò

Qualche anno fa, in una classe prima, la lettura del libro di Jules Verne "Il giro del mondo in ottanta giorni" fu oggetto di un animato (e inaspettato) confronto in classe. Era ancora il tempo in cui i libri da leggere li sceglievo io per loro, tempi ormai superati da ben altre e più democratiche modalità di scelta😊, che cercano di incontrare i loro gusti seppur di fronte ad un menù da me preparato.
La classe, allora, si spaccò in due parti, l'una a sostegno di un compagno detrattore della storia e l'altra a sostegno della compagna che aveva apprezzato le imprese di Mr Fogg. Ed io che avevo acquistato da poco tempo il libro di Carlo Carzan e Sonia Scalco "RI-animare la lettura", cui rimanda anche il titolo di questo post, trovai quell'occasione utile per realizzare il nostro primo "processo ad un libro".
Si distribuirono le parti di pubblico ministero e avvocato difensore, testimoni e giurati.
Si lasciò ai primi due la possibilità di preparare un testo a testa (o un testa a testa😊), di scegliere ciascuno i propri testimoni quelli a favore dell'accusa e quelli a favore della difesa, i quali sarebbero stati sottoposti ad un certo numero di domande precedentemente preparate e volte ad avvalorare i capi d'accusa, da un lato, e quelli della difesa dall'altro. E poi giunse il giorno del processo, nel quale l'aula fu disposta in modo da somigliare a quella di un tribunale. La serietà con la quale si prese parte al "gioco" fu esemplare, ricordo. Anche perché c'era stato a monte dello stesso un buon lavoro di preparazione. E se i ragazzi sono spinti a giocare dopo essersi preparati per farlo, la percezione del gioco li rende più seri e consapevoli di ogni loro azione.
La classe-al netto del pubblico ministero e dell'avvocato difensore- aveva eletto i membri della giuria. Due compagni furono scelti per essere giudici a latere della sottoscritta, con il compito, però, di trascrivere una sorta di verbale del processo perché ce ne restasse memoria. Io avrei solo dovuto moderare e limitarmi a leggere il verdetto quando la giuria lo avesse emesso.
Fornii un formulario semplice ai giurati attraverso cui avrebbero potuto impostare il verdetto finale. Tanto l'arringa scritta dal pubblico ministero quanto quella di chi difendeva il libro erano state corrette solo nella forma da me e nei giorni che avevano preceduto il processo, avevo suggerito sia in un caso che nell'altro un ampliamento delle rispettive argomentazioni. Eravamo entrati nel vivo del testo argomentativo, che in genere in prima non affronto ma che quell'esperienza sarebbe servita ad introdurre. Come finì? Per un voto a favore della difesa le avventure di Mr Fogg furono assolte.
Non mi è più capitato di realizzare in questi anni, in una classe, un processo ad un libro, ma vorrei riprovare. È a mio parere un utile strumento di discussione a seguito di una lettura condivisa, e perché no, anche a seguito della visione di un film, della lettura di un brano antologico. Di certo è un'esperienza formativa per i ragazzi che li abitua al confronto delle parti. In un'epoca nella quale si twitta e si posta, in un'epoca nella quale le piattaforme virtuali sarebbero strumenti di una maggiore democrazia (o fonte di reclutamento per legioni di imbecilli, ebbe a dire la buon'anima di Eco😊♥️) che i ragazzi imparino a sostenere una tesi anziché un'altra, a battersi per l'una o per l'altra ma sempre nel rispetto dell'avversario, è buona cosa a mio parere. È un  utile esercizio di ri-animazione di ciò che si è letto ed un modo, altrettanto utile, d'imparare ciò che due avversari dovrebbero sapere: " ciascuno, per la propria parte, è nel giusto soltanto a metà". 😊😊

mercoledì 28 agosto 2019

Versi perversi...ed anche un po' persi

Cercando un'attività di accoglienza per una classe prima, un'accoglienza per così dire anche "narrativa", quest'anno ho pensato di servirmi di alcuni dei "Versi per-versi" di Roald Dahl,
nella traduzione di Roberto Piumini.
L'idea è quella di accogliere i fanciulli e le fanciulle nei primi giorni  con uno dei generi letterari a loro già noto e il cui studio si affronta proprio in prima (la fiaba), e di farlo anche con l'ausilio dei versi, che più facilmente sapranno condurre gli allievi verso la ricostruzione della storia.
Sezionata in tot sequenze una fiaba riscritta perversa-mente in versi da Dahl, i versi in piccoli gruppi, saranno dispersi in un mucchio centrale, per terra. Intorno ad esso ci si siederà formando un cerchio, insieme all'insegnante. Sentire che la/il docente è parte del gruppo di lavoro che si è appena formato rientra nelle finalità del lavoro stesso.  Ognuno, a partire dall'insegnante, alla quale toccherà esplicitare solo il titolo della fiaba, dovrà di volta in volta, rispettando il proprio turno, presentarsi alla classe dicendo il proprio nome e leggendo il gruppo dei  versi, quelli di cui sarà venuto in possesso pescando dal mucchio. Si percorrerà il cerchio in senso orario partendo dall'insegnante.
Ad ogni giro di lettura si dovrà individuare la prima sequenza, poi la seconda, poi la terza e così via. La fiaba in versi, infatti, sarà stata suddivisa dalla docente in tante sequenze quanti saranno gli allievi del gruppo. L'iterazione della lettura per giri consentirà ad ognuno di ascoltare la propria voce in mezzo agli altri e quella degli altri oltre alla propria, di disporre prima o poi la propria sequenza di versi ricostruendo l'ordine della storia: le sequenze su cartoncino passeranno così dall'essere un mucchio di versi dispersi al diventare una figura che per terra si comporrà via via e che potrebbe diventare una sorta di logo/simbolo della neonata classe. Ciascuno/a,  inoltre, dopo aver collocato la propria sequenza nell'ordine cronologico della narrazione  andrà a sedersi di fianco al/alla compagno/a in possesso dei versi che precedevano i propri. Il cerchio di cui alla fine si continuerà ad essere parte sarà nuovo rispetto a quello che si era casualmente costituito all'inizio.
Farà seguito a quel punto-in una giornata successiva alla prima attività- una riflessione sull'aggettivo "perverso" e sul sostantivo "versione": quel che rende, infatti, i versi di Roald Dahl "perversi" è proprio la nuova versione in cui egli sceglie di raccontare alcune delle fiabe più note.
Il lavoro che proporrò ai ragazzi in questa seconda fase verterà, in particolare, sul confronto tra due fiabe perversa-mente riscritte da Dahl, "Cappuccetto rosso e il lupo"- quella che loro avranno ricostruito- e "I tre porcellini". Le due storie sono, infatti, solo apparentemente legate dalla presenza in entrambe del lupo cattivo, il più perverso per tradizione.
Il fine di questa seconda attività sarà proprio una riflessione sulla morale implicita che le due storie recano: se, infatti, è vero (?) che il lupo perde il pelo ma non il vizio, è anche vero che le apparenze possono spesso ingannare. E questo vale tanto per il lupo quanto per l'amabile Cappuccetto, come capirà il povero Porcellino, a spese della propria pelle!😊
La terza attività con cui si concluderà la nostra accoglienza sarà quella di attingere alla prima fiaba dell'antologia in adozione. Toccherà a quel punto al gruppo classe, docente e discenti, lavorare su un testo che verrà letto, suddiviso in sequenze e riscritto in versi, il tutto perversa-mente insieme.
Sarà solo l'incipit di un anno  tutto da scrivere, possibilmente spesso in versi e perché no, anche per-versi😁😁