giovedì 29 agosto 2019

Di quando per ri-animare un libro lo si processò

Qualche anno fa, in una classe prima, la lettura del libro di Jules Verne "Il giro del mondo in ottanta giorni" fu oggetto di un animato (e inaspettato) confronto in classe. Era ancora il tempo in cui i libri da leggere li sceglievo io per loro, tempi ormai superati da ben altre e più democratiche modalità di scelta😊, che cercano di incontrare i loro gusti seppur di fronte ad un menù da me preparato.
La classe, allora, si spaccò in due parti, l'una a sostegno di un compagno detrattore della storia e l'altra a sostegno della compagna che aveva apprezzato le imprese di Mr Fogg. Ed io che avevo acquistato da poco tempo il libro di Carlo Carzan e Sonia Scalco "RI-animare la lettura", cui rimanda anche il titolo di questo post, trovai quell'occasione utile per realizzare il nostro primo "processo ad un libro".
Si distribuirono le parti di pubblico ministero e avvocato difensore, testimoni e giurati.
Si lasciò ai primi due la possibilità di preparare un testo a testa (o un testa a testa😊), di scegliere ciascuno i propri testimoni quelli a favore dell'accusa e quelli a favore della difesa, i quali sarebbero stati sottoposti ad un certo numero di domande precedentemente preparate e volte ad avvalorare i capi d'accusa, da un lato, e quelli della difesa dall'altro. E poi giunse il giorno del processo, nel quale l'aula fu disposta in modo da somigliare a quella di un tribunale. La serietà con la quale si prese parte al "gioco" fu esemplare, ricordo. Anche perché c'era stato a monte dello stesso un buon lavoro di preparazione. E se i ragazzi sono spinti a giocare dopo essersi preparati per farlo, la percezione del gioco li rende più seri e consapevoli di ogni loro azione.
La classe-al netto del pubblico ministero e dell'avvocato difensore- aveva eletto i membri della giuria. Due compagni furono scelti per essere giudici a latere della sottoscritta, con il compito, però, di trascrivere una sorta di verbale del processo perché ce ne restasse memoria. Io avrei solo dovuto moderare e limitarmi a leggere il verdetto quando la giuria lo avesse emesso.
Fornii un formulario semplice ai giurati attraverso cui avrebbero potuto impostare il verdetto finale. Tanto l'arringa scritta dal pubblico ministero quanto quella di chi difendeva il libro erano state corrette solo nella forma da me e nei giorni che avevano preceduto il processo, avevo suggerito sia in un caso che nell'altro un ampliamento delle rispettive argomentazioni. Eravamo entrati nel vivo del testo argomentativo, che in genere in prima non affronto ma che quell'esperienza sarebbe servita ad introdurre. Come finì? Per un voto a favore della difesa le avventure di Mr Fogg furono assolte.
Non mi è più capitato di realizzare in questi anni, in una classe, un processo ad un libro, ma vorrei riprovare. È a mio parere un utile strumento di discussione a seguito di una lettura condivisa, e perché no, anche a seguito della visione di un film, della lettura di un brano antologico. Di certo è un'esperienza formativa per i ragazzi che li abitua al confronto delle parti. In un'epoca nella quale si twitta e si posta, in un'epoca nella quale le piattaforme virtuali sarebbero strumenti di una maggiore democrazia (o fonte di reclutamento per legioni di imbecilli, ebbe a dire la buon'anima di Eco😊♥️) che i ragazzi imparino a sostenere una tesi anziché un'altra, a battersi per l'una o per l'altra ma sempre nel rispetto dell'avversario, è buona cosa a mio parere. È un  utile esercizio di ri-animazione di ciò che si è letto ed un modo, altrettanto utile, d'imparare ciò che due avversari dovrebbero sapere: " ciascuno, per la propria parte, è nel giusto soltanto a metà". 😊😊

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