sabato 30 luglio 2016

"Il terrazzino dei gerani timidi" di Anna Marchesini

Pubblicato nel gennaio del 2011,"Il terrazzino dei gerani timidi" è stato il primo romanzo di Anna Marchesini che ho letto nel giugno di quello stesso anno. Una passeggiata  lungo alcune "prime volte, quelle in cui si accende la storia e l'esperienza delle cose".
Nel racconto di sé, dei più salienti ricordi di infanzia e della prima adolescenza,  la voce narrante siede sul quel terrazzino "fiorito dei gerani timidi, per lungo tempo recinto silenzioso e imparziale delle sue preziose solitudini".
Dalla sua "stanza tutta per sé" a cielo aperto, la piccola Anna  osserva la vita che la circonda: le sue riflessioni s'intrecciano con il racconto  della vita di altri, di quei personaggi su cui si posa lo sguardo umoristico dell'autrice.
Gli occhi della memoria di una bambina timida e attenta riportano a galla alcune delle figure che più a lungo o con più intensità hanno abitato il paesaggio umano della sua infanzia. Suor Giuseppina "per la quale sembrava non ci fosse ormai piacere maggiore che averla finita con la giovinezza e tutto il resto". Memmo il falegname e la signora Elvira, la "finestrarola" che quasi a volersi consolare della disgrazia toccata al marito, sente "l'urgenza archeologica di conoscere tutti i particolari di una delle disgrazie che deteneva il maggiore mercato nel passaparola". Il povero Terenzio, la cui esistenza, in seguito al dolore per la perdita del suo unico figlio, era stata trascinata "dentro un'area deprivata di memoria, di sensi, di partecipazione [...]  lui che la sua partita col  dolore l'aveva persa e che dentro quella testa inconsolata, cui provvedeva compiacente la maternità della follia" aveva trattenuto qualcosa, "una indelebile traccia, ubiqua, di quella storia" che non si stancava mai di ripetere- Signori alle sette si muore.
Tra questi e altri personaggi, però, quella che più a lungo domina la scena è la figura della madre, maestra di professione e di vita per la piccola Anna, le cui poche ma eloquenti parole, foriere di continui ammonimenti si ergono imponenti nella vita della bambina, empiendo giorno dopo giorno il forziere interiore di quelle "verità"- sul decoro, sugli uomini, sull'"amore"- destinate ad avere un peso non indifferente nella sua vita di bambina, di ragazza e infine di donna.
-Restituiscilo subito -Alzati e cedi il posto -Aspetta il tuo turno! -Stai buona che la mamma si stanca.
Attenzione a non cedere alle cattive tentazioni da fidanzata." Il fidanzato a quel punto mi avrebbe lasciato e io non avrei più trovato nessuno che mi avesse voluto, innanzitutto perché la voce si sarebbe sparsa e poi, ammesso che avessi trovato un altro fidanzato ignaro, di sicuro...Giunta a questa parte della ricostruzione, svaporarono i termini, la mamma si arrestò spossata dallo sforzo dei rifiuti, dalla fatica dei vade retro, dalla flagellazione delle colpe; la lasciai a pregare nell'orto degli ulivi".
E ancora il ricordo va a "quel giorno che la mamma l'aveva abbracciata e le aveva rivelato che lei era nata per caso, non sapeva come, nessuno l'aveva voluta, che la mamma non avrebbe più dovuto avere gravidanze, che tanto aveva pianto perché la sua nascita avrebbe potuto comprometterle la vita  [...] Quella rivelazione l'aveva fatta sentire orfana. E su quella nascita per caso, lei stava cercando di tenersi in piedi senza piangere".
La mamma trasformerà persino la sua "festa" - la prima comunione-  in una penitenza, in un sacrificio da offrire a Dio,  cosa che peraltro puntualmente ella faceva fare alla piccola Anna, costringendola a "scottarsi col dolore degli sconosciuti". Così proprio nel giorno della  sua prima comunione, festa tanto attesa, la mamma porta Anna  a far visita alle tre sorelle del parroco del paese che non escono di casa da almeno un decennio. Il ricordo di quella casa piena zeppa di "relitti di almeno tre generazioni, piena zeppa di gatti" abitata da tre sorelle zitelle, Erminia, Ghita, Caterina e dalla zelante perpetua del fratello parroco, alla quale "era come se ago e filo tenessero cuciti insieme tutti gli elementi del suo viso",  si rivela uno spaccato tragico-comico di vita, anzi di vite. "C'era un racconto infinito che legava quelle sorelle e quella casa e quelle storie, una specie di musica che avrei voluto ascoltare, conoscere e vedere, che avrei voluto sentir narrare".
Sarà di lì a poco la scoperta del teatro ad illuminare la vita della piccola Anna, in una mattina nella quale lei  insieme alla sua classe va ad assistere ad uno spettacolo teatrale, il cui titolo letto sulla locandina le rievoca immediatamente  quello letto su un libricino ricevuto proprio due anni prima in dono da una delle tre sorelle di don Luigi e che Anna, però, non aveva ancora letto. Sul libro, donna Caterina, nel giorno della visita di Anna, aveva scritto anche una dedica: "La vita, mia cara, è piena di complicazioni, perciò bisogna amarla con tutte le nostre forze! Ricordalo". Il libro è "L'uomo dal fiore in bocca" di Pirandello che, dopo lo spettacolo, Anna torna a casa a leggere, lì su quel terrazzo che si trasforma nel suo "quinto elemento naturale, la culla termica della sua nuova silenziosa avventura, la sala da ballo senza imbarazzi e senza posti vuoti, quella in cui gli ospiti invitati le piacevano"[...] .La letteratura diventa di lì a poco il suo grande amore . "E col tempo non furono solo e storie e i personaggi che riuscivo ad avvertire come inquilini che si accomodavano dentro, e con frastuono silenzioso, accendevano luci; quando una scrittura mi piaceva, leggevo tutto di quell'autore, tutto, anche la biografia, così imparavo a riconoscerlo, sentivo la penna, immaginavo l'inclinazione del volto sulla pagina, ne sorridevo".
Rileggendo alcune delle pagine del suo romanzo oggi, giorno in cui Anna non c'è più, portata via da una lunga malattia, una di quelle "complicazioni" di cui la vita è piena, anch'io sorrido, ripensando a ciò che lei, con i suoi personaggi, è stata capace di regalare al suo pubblico, straordinaria come poche nell'arte di far ridere.
"Mi piaceva ridere, mi sembrava che ridere facesse vedere più cose del vero, fosse come sollevare la crosta al mondo, dove si nascondevano le ombre bianche delle cose; la curiosità era per me un'emozione potente [...] quanto potente era esistere- mi dissi- in certi momenti era come se lo stesso universo mi vivesse dentro e cercasse il suo spazio, non mi sarebbe bastata la vita per vivere, non mi bastava e non volevo rinunciarci, era il sogno di vivere che mi colmava dentro come un'isola dalle alte maree".
E allora grazie Anna, per la passione di vivere che sei stata capace di regalarci.

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