domenica 12 gennaio 2020

Con i ragazzi della via Paal

"I ragazzi della via Paal" è il più noto romanzo ungherese  per ragazzi, che io ho finalmente letto per la prima volta quest'oggi dall'edizione "La Sorgente" del 1965, quella da cui proviene l'immagine di copertina del "ragazzo biondo".
Confesso che non ero mai stata prima d'ora al "campo di via Paal", pur conoscendone da tempo l'esistenza; non avevo mai conosciuto Boka e i suoi compagni da vicino, né le Camicie rosse loro rivali. Tra i romanzi per ragazzi che  ragazza io stessa lessi, "I ragazzi della via Paal" non entrò mai nella lista. Non saprei dire perché: probabilmente perché nessuno mai me lo regalò ritenendola ad errore una  "lettura per soli maschi". E non ricordo neppure che me ne sia mai stata suggerita la lettura a scuola (peccato!). E seppure poi, da grande, abbia più volte pensato di leggerlo fino ad ora non me ne ero curata tanto (ripeccato🤷‍♀️). Il romanzo apparteneva, pertanto, a quella lista di libri di cui  si conosce l'esistenza, si sa per grandi linee di cosa parlano, ma dentro cui non si è mai entrati: de "I ragazzi di via Paal" mi mancavano i particolari, la conoscenza ravvicinata dei suoi abitanti, dei suoi luoghi e dei suoi tempi. 
 E se è  vero che c'è sempre tempo per riparare a certi propri errori, oggi me ne sono finalmente presa un po' per arrivare fino in via Paal (o Pal).
Nato dalla penna dello scrittore ungherese Ferenc Molnar, nel 1907, "I ragazzi della via Paal" conobbe varie edizioni nel nostro Paese: la prima è quella del 1929, quando l'Italia è già sotto le leggi mussoliniane. L'edizione da cui ho letto il romanzo oggi è del 1965, appartiene a mio marito e reca in copertina l'immagine dell'unico ragazzo della banda di via Paal sul quale la voce narrante ci fornisce sin dall'inizio una brevissima descrizione fisica, attraverso un solo aggettivo: "biondo". Il "piccolo biondo" è solo uno, infatti, per il lettore di questo romanzo: il "soldato semplice " Nemecsek, nato per obbedire tanto quanto il quattordicenne  Boka è nato per comandare. Il rapporto tra il soldato e il suo capitano i cui anni sono tanti quanti i ragazzi della banda della via Paal, è fatto di reciproca stima e fiducia: si rivela un legame forte e destinato a crescere lungo la storia. Ed anche a far crescere. Se Gereb, un altro ragazzo della banda, è colui che entra in opposizione a Boka e spinto dalla gelosia tradisce i ragazzi di via Paal con i rivali delle Camicie rosse, Nemecsek è il suo esatto contrario: il piccolo biondo è simbolo di coraggio e di lealtà alla sua banda, alle sue regole ed al proprio capitano. Anche se lui è l'unico sottomesso del gruppo, l'unico a non essere graduato. Somiglia a suo padre, il piccolo biondo, abituato lui e l'altro ad obbedire nonostante tutto. Ma l'indole obbediente di Nemecsek non lo rende solo un sottomesso nella storia, cosa che invece suo padre pare soltanto saper essere: delle virtù dell'esile soldato tutti pian piano si rendono conto, persino i rivali. Anzi loro per primi.
Uno dei principali insegnamenti che si ricava dall'essere avversari, dal combattere su fronti avversi, attraverso questa storia, è il riconoscimento reciproco del valore del proprio nemico e il rispetto delle regole del gioco. La guerra per la difesa del campo di via Paal da parte di Boka e dei suoi, così come quella per la conquista dello stesso campo da parte della banda delle Camicie rosse, è un gioco ma a cui i partecipanti credono seriamente. E alla quale si preparano con strategie di difesa e di attacco che al lettore vengono passo passo descritte. In fondo giocare alla guerra, al combattimento appartiene ad ogni epoca, così come la guerrabquella  vera fa parte di ogni epoca della storia seppure, come ha scritto di recente Maurizio Bettini recensendo un libro sulla guerra, essa sia pensata dagli antichi e dai moderni in modo differente. Quella tra le due bande di via Paal e delle Camicie rosse è  una guerra che, come tale, dovrà essere però combattuta lealmente. Ed è Nemesec da soldato semplice, grazie al suo coraggioso gesto che lo porta ad affrontare da solo le Camicie Rosse, a metà della storia, che insegna agli avversari quanto importante sia il gioco leale. Sarà a quel punto che il traditore Gereb verrà allontanato dalla banda delle Camicie rosse e, con pentimento e vergogna, tornerà poi sui suoi passi. Grazie a Nemesec, infatti, i ragazzi delle Camicie rosse capiranno quanto sleale sarebbe stato da parte loro attaccare il campo di via Paal senza una ufficiale dichiarazione di guerra che, con apposita delegazione, viene pertanto inviata al campo da conquistare. La via Pal è al centro di una guerra fra bande perché rappresenta quello "spazio libero", nel quale ancora i ragazzi vogliono poter giocare. Poiché nella via Pal c'è un largo spiazzo dove fra palizzate e cataste di legname, il gioco può essere praticato: perciò entrambe le bande lo reclamano. Ma alla fine della battaglia, quando persino il "piccolo biondo" muore per la febbre che lo assale dopo il bagno di punizione fattogli fare dalle Camicie rosse, giacché comunque il soldatino ha osato sfidarle facendo irruzione nel loro campo, tutto appare inutile, perché lo spiazzo libero di via Pal scompare: il proprietario l'ha venduto, vi costruiranno un palazzo. E nessuno vi  giocherà più, come a dire che il destino umano è pur sempre la sconfitta anche dopo avere vinto una guerra: Nemecsek che ha combattuto è  morto, il campo è perso. Ma combattere eroicamente vale comunque sempre la pena, perché la vita è sempre un combattimento per ognuno di noi:"un combattimento a volte sereno a volte triste". È questo il pensiero finale di Boka.
C'è avventura, c'è formazione, c'è il gioco con le sue regole scritte e non-perché ogni gioco ne ha- c'è quello che ogni gioco può insegnare. Ci sono i ragazzi, quasi soltanto loro. I pochi adulti che compaiono nel romanzo (il professore che scopre l'anonima Società dello Stucco, lo slovacco del campo, il padre di Gereb, il sarto padre di Nemecsek e il suo cliente) sembrano non far parte del piccolo mondo delle bande, non conoscerne le regole o, come tenta di fare il professore, volerle conoscere per poterle cancellare. 
E alla fine se non il gioco lo spazio per lo stesso viene dall'adulto cancellato, sottratto alla possibilità di farvi ancora giocare i ragazzi. 
I ragazzi di via Paal sono simbolo di un'identità di strada che oggi i nostri sembrano aver perduto: vivono in un'era in cui lo spazio libero del gioco non c'è più o si è spostato prevalentemente ad una realtà virtuale che è la sola nella quale i ragazzi "veramente" si incontrano. Salvo fare parte di squadre per gli sport che alcuni praticano o frequentare l'oratorio. Ma quello delle bande di strade non è più un gioco che si pratica con innocenza oggi.
Le "bande" di cui spesso sentiamo parlare ci fanno purtroppo pensare al loro capitano bullo che nulla ha che fare con il saggio Boka perché il bullo cerca solo l'obbedienza nel tentativo di sopraffare gli altri. Boka, invece, no. Il bullo è lo "sgrammaticato sociale" che non conoscendo le regole del viver comune non le pratica, anzi le scavalca. E Boka non lo è, come non lo è il capitano della squadra avversaria Franco Ats. Quest'ultimo, addirittura, quando scopre dell'episodio delle palline sottratte con prepotenza a Nemecsek ed altri ragazzi della via Paal dai fratelli Pasztor delle Camicie rosse, punisce i due per la loro scorrettezza: non  si prevaricano i più piccoli, dice Ats e i Pasztor accettano la lezione. 
Oggi accade che i ragazzi stentino a riconoscere nell'altro il valore che talora a loro manca: il coraggio, la determinazione, la capacità di farsi scegliere per i propri meriti di capitano di una squadra e non di imporsi agli altri incutendo loro soggezione.
Sarebbe bello in classe provare a confrontarsi con loro, con i ragazzi per comprendere quanto del gioco di squadra e di strada ancora loro sanno. Chi per loro è un " vero capitano". E magari portarli a confrontarsi con i loro padri o i loro nonni, che ragazzi di una via di certo sono stati e qualche insegnamento da trasmettere lo avranno pur ricavato. 
Un'analisi delle copertine delle varie edizioni del libro in Italia, dagli anni '30 ad oggi, sarebbe un altro interessante lavoro da proporre loro, prima di leggere il romanzo e dopo averlo letto. Giacché in casa, in biblioteca, a scuola un'edizione più o meno vecchia di questo libro la si trova, si potrebbe partire con il chiedere ai ragazzi di procurarsela così da provare a fare in classi un'analisi delle scelte grafiche delle case  editrici. Alcune, infatti, scelgono di rappresentare il gruppo se non interamente in parte; altre isolano il "piccolo biondo" o Boka, o riprendono momenti dello scontro o lo spazio del campo o la via.
E infine i personaggi la cui caratterizzazione fisica manca, se non per il "piccolo biondo" come dicevamo all'inizio: essi vengono presentati al lettore attraverso il loro agire quotidiano, all'inizio del romanzo in classe, e successivamente al campo. E la gerarchia del campo vale anche in aula, tant'è che prima della battaglia finale l'eco giunge a scuola e tutti  prendeno a modo loro parte all'evento. Si fa il tifo per i ragazzi della via Paal rispetto ai loro rivali che peraltro provengono da un'altra scuola. 
Solo di alcuni ragazzi conosciamo l'estrazione sociale, ma sempre per brevi accenni al lavoro del proprio padre: c'è il "raffinato" Cselec, il figlio di un medico e il figlio di un avvocato.  Gli unici padri che entrano nella storia sia pure per poco sono il padre di Gereb e quello di Nemecsek. Ed entrambi hanno rispetto ai propri figli somiglianze e differenze.
Il padre del traditore Gereb è un padre giusto che vedendosi arrivare a casa il figlio in lacrime perché accusato di tradimento dai suoi compagni, va da loro non per difendere il proprio figlio, perché è il proprio figlio, ma per sentire se la fondatezza delle accuse che gli sono state rivolte è reale: "io sono un uomo d'onore e non posso tollerare che mio figlio tradisca i suoi compagni".
Ed ancora una volta sarà il piccolo Nemecsek a fare la differenza, discolpando Gereb agli occhi di un padre onorevole. Per rispetto di quel padre.
Il padre di Nemecsek è l'obbediente che, però, a differenza del piccolo figlio non appare mai capace di riscattarsi: non disobbedisce mai neppure quando di là suo figlio sta per esalare l'ultimo respiro ed un cliente disinteressato al suo dolore di padre gli fa fretta perché finisca il suo abito. 
I ragazzi della via Paal hanno uno statuto, possiedono un "libro nero", verbalizzano le loro sedute, svolgono regolari votazioni e altrettanti discussioni: c'è un'applicazione pratica dell'essere gruppo e di come gestirlo. E quando  l'elemento che cerca un riconoscimento altro nel gruppo, non avendolo ottenuto, tradisce, egli perde la fiducia dei traditi e non riesce a guadagnarsi neppure quella della banda cui si vende: se ha tradito una volta, potrà rifarlo ancora. E sebbene torni poi sui suoi passi, la sua condotta resterà sotto osservazione non senza qualche sospetto che continuerà ad affiorare ogni tanto.
Ha senso fare conoscere questo romanzo ai ragazzi di oggi? Io credo di sì e chi è giunto a leggere il post fin qui avrà anche capito perché. ♥️


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