domenica 26 gennaio 2020

Le nostre valigie per Auschwitz: cosa ci portiamo per il nostro viaggio della Memoria? Perché "se comprendere è impossibile, conoscere è necessario"

Ogni anno la didattica della Shoah trova lo spazio che merita nella classi dove insegno. Che si tratti di una prima, di una seconda o di una terza media, ritengo che i ragazzi abbiano la necessità di affrontare il loro viaggio della Memoria. Fermarsi per quel giorno, il 27 gennaio, e per qualche altro ancora, e cercare di conoscere, è come  intraprendere un viaggio della memoria, ognuno per sé e tutti insieme. E di strumenti didattici per prepararsi a questo viaggio, di volta in volta adatti alle classi con cui esso sarà affrontato, ce ne sono davvero tanti oggi. 
Prima di descrivere le mie attività di quest'anno, quelle che rispettivamente proporrò ad una classe prima e ad una terza, vorrei riflettere sul perché una didattica della Shoah debba mantenere un suo posto chiaro e riconoscibile tra i nostri banchi di scuola. Ne scrivono in tanti oggi. E ad alcuni di quei tanti che ne scrivono qui si farà riferimento. 
Mi limiterò a citare tre strumenti di cui mi è capitato- e mi capita ancora- di servirmi in classe: uno è  la recente "Lettera ad un dodicenne sul fascismo di ieri e di oggi" (2019) di Daniele Aristarco; gli altri due testi, invece, sono più vecchi ovvero "Che cos'è l'antisemitismo?" (2006) di Lia Levi e "Auschwitz spiegato a mia figlia" (1999) di Annette Wieviorka. I tre testi, per la loro forma - lunga lettera il primo e impianto dialogico gli altri due- si prestano ad avviare e guidare in classe la riflessione su ciò che lega l'oggi e il domani a quel passato cui la Shoah appartiene. Sono testi brevi (di appena un centinaio di pagine), che possono essere letti a voce alta in classe e/o poco alla volta: sono testi che nascono per rispondere a domande o, come scrive Lia Levi nell'introduzione al suo libro, spesso servono a fare luce su certe affermazioni "buie". Nel presentare uno dei tre testi alla classe, che alternativamente uso, mi servo di una metafora cui mi sono affezionata in questi anni e che torno a condividere con i ragazzi per la sua forte efficacia: la metafora del filo
  Pietro Terracina, uno dei sopravvissuti ad Auschwitz, morto da poco, a dicembre del 2019, all'età di 91 anni, scriveva, infatti, che"la memoria non è il ricordo, è quel filo che lega il passato al presente e condiziona il futuro". La Memoria intesa come filo e, pertanto, come legame. Il legame con il passato nasce, infatti, attraverso la conoscenza che nel presente siamo in grado di farne, rendendolo parte di noi, della nostra memoria, della nostra identità, e di conseguenza anche della costruzione del nostro futuro. Si è cittadini migliori se si conosce il proprio passato, ricordava ancora una volta Ferruccio de Bortoli, presidente onorario del Memoriale di Milano,  nella diretta video del 20 gennaio scorso dal teatro Arcimboldi della città. Ed è nel suo libro "Il filo invisibile della Memoria" che qualche anno fa ho letto per la prima volta la frase di Terracina sopracitata e il racconto "Un'infanzia perduta" di Liliana Segre, colei che lunedì scorso sedeva proprio accanto a Bortoli per incontrare da vicino le tante scuole milanesi giunte all'Arcimboldi ad ascoltarla: grazie alla diretta video trasmessa dal sito del Corriere.it, anche chi come noi era lontano ha potuto ascoltare le sue parole. La Segre, da due anni nominata senatrice a vita della nostra Repubblica, con i suoi quasi 90 anni ormai, continua a far incontrare il suo passato alle generazioni presenti, al futuro della nostra nazione. Ed è proprio ascoltandola in quell'occasione, in compagnia della mia collega Paola e delle nostre due classi terze, che ho pensato di nuovo alla forza di quel filo, a come importante sia continuare a legare ad esso e con esso i nostri ragazzi, anno dopo anno a ciò che è stato, alle tante storie di sopravvissuti e non.
Edith Bruck, ungherese di origini ebree, scrittrice e regista, oggi 88 anni, in un'intervista comparsa sabato scorso sull'inserto di Repubblica Robinson, dichiara di avere ancora paura, paura di ciò che sarà. Lei non è  mai tornata ad Auschwitz, dove venne deportata a 12 anni insieme alla madre, al padre, alla sorella e ad altri famigliari nessuno dei quali, eccetto lei, fece più ritorno. Critica verso la lunga retorica delle celebrazioni intorno alla Giornata della Memoria, la Bruck è nello stesso tempo convinta che verranno col tempo distrutte tutte le cose autentiche, com'è successo già al campo di Dachau, dove, dice, si vedono solo 32 numeri per terra al posto delle rispettive baracche.  "(il creamtorio, ndr) lo elimineranno. Cancelleranno con noi la verità, quando l'ultimo dei deportati sarà morto, via libera alla mistificazione. [...] Temo molto il dopo, il "cosa sarà dopo di noi", che già Primo Levi si chiedeva [...] Mi sono laureata con lode ad Auschwitz. Lì si cresce, e si diventa subito vecchi. Ho capito cos'è l'uomo, la vita e la morte. Dopo niente è stato più uguale. Non sono mai stata razzista, non ho mai ucciso neanche una mosca. Non odio. Ho imparato. Però mi stupisco ancora del male". 
Anche la Segre, durante una giornata di studi sul terzo mestiere di Primo Levi, in una sorta di lettera ideale a colui che lei definisce "Amico e Maestro", scritta da questo XXI secolo, usa parole simili a quelle della Bruck:" Caro Primo, Amico e Maestro, neanch'io come te dimentico, neanch'io come te perdono. Ma non odio". 
In una società di haters, online ed offline, partire da queste affermazioni con i nostri ragazzi è importante: la capacità di non odiare e di non istigare nessuno a farlo accomuna i racconti dei testimoni, di quanti sopravvissero per caso all'odio feroce e contagioso di quegli anni, le cui vittime furono milioni. 
Ecco perché leggere, raccontare, ascoltare insieme ai  ragazzi di oggi ciò che dalle voci della Shoah ci arriva è doveroso da parte di noi insegnanti, non tanto per onorare chi non c'è più ma per irrobustire le coscienze verso  ciò che potrebbe  ancora sedurle, oscurarle, occuparle: l'odio razzista. 
Attività classe prima
Un cartone, un libro e 22 valigie di cartone
Lunedì 27 gennaio 
Vedremo con la classe prima il cartone sulle sorelle Andra e Tata Bucci, La stella di Andra e Tati (disponibile su Raiplay, durata 28 minuti). È  la storia di due bambine originarie di Fiume che vennero deportate ad Auschwitz insieme alla loro madre, alla  nonna, alla zia ed al cuginetto loro coetaneo. Al cartone, seguirà la raccolta di una serie di domande che la classe sarà chiamata a formulare relativamente  sia alla storia delle due protagoniste sia alla Storia del periodo in cui si svolsero i fatti. Saranno quelle a cui si cercherà di rispondere in classe attraverso la lettura del libro di Lia Levi, "Cos'è l'antisemitismo?" (mercoledì 29). Quest'ultimo, infatti, è strutturato proprio attraverso brevi capitoli (20 in totale), ciascuno dei quali ha come titolo una domanda a cui nel capitolo si risponde. Il lavoro sul libro sarà fatto per parole-chiave: ai ragazzi sarà consegnato l'indice del libro che contiene l'elenco delle domande rispettivamente poste ad apertura di ciascun capitolo; si chiederà che, alla lettura del breve capitolo da parte dell'insegnante, ciascuno scriva le parole-chiave dello stesso. Le domande, infatti, le parole-chiave delle loro risposte, saranno quanto ciascuno metterà dentro o fuori la propria valigia di cartone, quelle che costruiremo giovedì in classe, grazie all'aiuto della collega di Tecnologia. La valigia preparata e riempita da parole-chiave che verranno fuori dalla conoscenza di una storia, quella di Andra e Tati, e dalla lettura del libro di Lia Levi, simboleggeranno l'inizio del nostro viaggio della Memoria, che continuerà lungo i due anni successivi delle medie. Mi piacerebbe che le valigie trovassero una collocazione fuori dall'aula di chi le avrà costruite e riempite, magari in un angolo dell'atrio o in biblioteca, come piccolo "monumento" dell'inizio di questo viaggio.
Attività classe terza
Gli occhi della Shoah
In terza, invece, a conclusione di un percorso sulla Memoria cominciato in prima, quest'anno affronteremo un lavoro che prenderà in esame la sfera dei ricordi di chi visse rispettivamente la Shoah da bambino, da ragazzo e da adulto. 
Partiremo con la vicenda di Jona Oberski, deportato a circa quattro anni con la sua mamma e il suo papà nel lager di Bergen Belsen, ed unico sopravvissuto: la storia di Jona che lui stesso raccontò a quasi quarant'anni nel libro autobiografico "Anni d'infanzia" (1978), è diventata film grazie al regista italiano Roberto Faenza con il titolo di "Jona che visse nella balena" (1993). I ragazzi assisteranno alla visione del film, sul quale riceveranno la scheda film che io ho preparato e un capitolo-ricordo a testa tratto dal libro. Attraverso una stessa storia che gli allievi conosceranno nel linguaggio cinematografico e grazie al testo narrativo cui il film s'ispira, la classe sarà poi chiamata a costruire l'album d'infanzia di Jona, usando il linguaggio delle immagini e associando ad esse parole-chiave tratte dal capitolo che ciascuno rispettivamente prenderà in esame. La lettura del racconto "Un'infanzia perduta" di Liliana Segre, che gli allievi hanno ascoltato anche dalla viva voce della protagonista  nella diretta video del 20 gennaio, li porterà a costruire un testo della tipologia A prevista per l'esame di Stato. La Giornata della Memoria, la sua istituzione, ma, soprattutto, il racconto di ciò che l'Armata rossa trovò al proprio arrivo ad Auschwitz, sarà oggetto di trattazione attraverso la lettura di un articolo comparso sul Corriere della Sera il 27 gennaio del 2011 a firma di Fabrizio Dragosei e dal titolo "Quando i sovietici liberarono Auschwitz". L'analisi dell'articolo e le riflessioni che ne faranno seguito serviranno a far preparare agli allievi un testo di tipo espositivo/argomentativo sulla tipologia B prevista per l'esame di Stato. Il nostro viaggio della memoria che, quest'anno, ci porterà a visitare Le Nuove di Torino, avrà  quale  ultima e più lunga tappa la lettura di Se questo è un uomo di Primo Levi,  il cui lavoro di analisi sarà oggetto di un post successivamente. 
Tra i testi poetici che i ragazzi leggeranno ed analizzeranno a tema Shoah, infine, vi saranno i seguenti: La farfalla di Pavel; di Primo Levi Shemà, La bambina di Pompei e Cercavo te nelle stelle.
Raccontare la/e Shoah è il titolo di una dispensa storica in sei pagine che, ogni anno, fornisco agli allievi di terza per ripercorrere insieme a loro le tappe di quell'antisemitismo religioso che nato nella tarda età antica, percorre l'età medioevale e moderna e sfocia, nel XX secolo, in azioni politiche ufficiali di alcuni governi, a partire dai pogrom dell'impero zarista e dalla messa in circolo del falso storico de "I protocolli dei savi di Sion" per arrivare alle leggi razziali tedesche e italiane e a ciò che ne seguì. 

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