domenica 29 dicembre 2019

Il realismo fantasioso di Dino Buzzati

"Galoppa, fuggi, galoppa superstite fantasia.Avido di sterminarti, il mondo civile ti incalza alle calcagna, mai più ti darà pace". 
Quest'anno ho scelto quale protagonista delle mie letture antologiche in terza il realismo fantasioso di Buzzati. I tanti racconti dello scrittore bellunese si rivelano, infatti, un'inesauribile fonte di ispirazione per il lavoro di analisi e di costruzione del testo narrativo, funzionale all'esercizio dei ragazzi sulla tipologia A del tema d'esame. 
Lo è prima di tutto la dimensione del racconto in sé, poiché, più del brano di un testo narrativo lungo -il romanzo-, il racconto fornisce ai ragazzi anche indicazioni strutturali puntuali e necessarie quando viene poi loro richiesto di raccontare.
Ma ciò che rende interessante il lavoro sui racconti di Buzzati è quanto lui stesso considerava una cifra stilistica della sua scrittura: giornalismo e letteratura nei suoi racconti sono, infatti, la stessa identica cosa.  "Nel rapporto fantasia -cronaca si trova di sicuro il meccanismo base delle cose decenti che io ho eventualmente scritto" ebbe a dichiarare più volte lo scrittore con non poca modestia.
Montale  per definire la coesistenza di queste due vocazioni narrative in Buzzati usa un'interessante metafora: la chiama "lo stesso guanto, ma rovesciato". Una metafora assai efficace anche per spiegare ai ragazzi l'azione di chi narra: quando narriamo, infatti, rivestiamo di parole l'oggetto della nostra narrazione, come gli facessimo indossare un guanto. Il guanto inevitabilmente ci rimanda all'immagine della mano e questa alla manipolazione che, di fatto, il racconto di una storia ci permette di compiere. Tutte le volte in cui narriamo, infatti, manipoliamo la  storia per darle forma: scegliamo la voce narrante e il punto di vista, il/i protagonista/i, l'ambientazione, il momento a partire dal quale narrare ecc... Così una storia prende corpo, diventando trama: e quante trame può avere una stessa storia? Tante.
Ecco che si rivela un utile esercizio di manipolazione della storia quello di spogliare un testo degli elementi di fantasia di cui si compone o, viceversa, il ribaltamento fantastico della cronaca, una sorta di vestizione fantasiosa della realtà. 
Lo si può già fare con la favola, con la fiaba e con il genere fantasy. Ma con i racconti di Buzzati, quelli in cui "il fantastico sbocca su una forma di realtà" l'esercizio si rivela assai più interessante perché coglie di sorpresa il suo lettore e lo induce a pensare che la stessa situazione potrebbe  accadere anche a lui. 
Si può scegliere per il lavoro d'aula la raccolta "La boutique  del mistero", uscita nel 1968 e comprendente 31 racconti provenienti da altre sue raccolte. 
"La boutique del mistero"- il cui titolo cattura già i nostri giovani lettori- è  peraltro reperibile in rete in formato pdf: ciò consente all'insegnante di poter lavorare in classe sui testi anche attraverso l'ausilio della LIM.
L'esercizio che di seguito proverò ad illustrare è quello proposto ai miei ragazzi sul breve racconto "I giorni perduti", un microracconto della sezione tematica "Solitudini" de "Le notti difficili", ultima raccolta dell'autore uscita qualche mese prima della sua morte.
Si è notato come l'incipit e la rottura dell'equilibrio iniziale del racconto possano essere considerati la cronaca di un furto: Ernest Kazirra, proprietario di una sontuosa villa, di cui ha preso possesso da poco tempo, sta rincasando quando avvista un uomo che esce da una porticina secondaria del muro di cinta con una cassa sulle spalle e la carica poi su un camion. Kazirra a quel punto si lancia all'inseguimento del camion che lo conduce fino all'estrema periferia della città.
Da qui in poi nel racconto originale di Buzzati il realismo iniziale cede il passo ad un'atmosfera fantastica e misteriosa che avvolge la storia fino all'epilogo finale, quando l'ombra della notte scende come un sipario ad indicare la fine della giornata, della storia e del misterioso spettacolo.
La cassa, che il lettore scopre non essere sola nel racconto, e l'uomo di cui si sente la voce nel breve dialogo tra lui e Kazirra, sono quegli elementi che da reali diventano via via surreali a mano a mano che il racconto procede. E come sono apparsi agli occhi di Kazirra all'inizio della storia, così svaniscono come ombre nell'ombra della notte. 
Quale lavoro proporre a seguire ai nostri ragazzi? 
Per cominciare una caccia alle storie tratte dalla cronaca dei quotidiani locali e/o nazionali, presenti o passate, che possano fornire idee per una loro narrazione sottoforma di racconto. 
Da lì la costruzione dell'incipit e della rottura dell'equilibrio iniziale. In questa fase si chiederà ai ragazzi di scegliere quali elementi della narrazione faranno poi diventare fantastici: si potrà fornire loro un catalogo di soluzioni che a partire dall'uomo e dalla casa de "I giorni perduti", potranno aver realizzato loro stessi attraverso un'analisi comparativa dei testi di Buzzati. Qui l'insegnante può scegliere di farli lavorare per gruppi su gruppi di racconti differenti. Ciò agevola la catalogazione.
A quel punto ci si occuperà dello sviluppo centrale della storia, occasione per lavorare meglio, ad esempio, sulle caratteristiche delle sezioni dialogiche, riflessive, descrittive e narrative.
L'epilogo, come l'incipit, sarà infine occasione di riflessione guidata a partire sia dall'evento di cronaca che avremo scelto di far diventare racconto che dalle tipologie di epiloghi che i racconti di Buzzati ci avranno insegnato a costruire. 
La lettura di Buzzati ci spingerà anche a riflettere sui temi di sempre: l'inquietudine che generano le attese, il passare del tempo, la muta bellezza delle cose, gli incubi notturni, l'indifferenza del destino, la vanità delle glorie, la pietà per gli indifesi, i vecchi, gli animali, la condanna della stupidità massificata e la presenza della magia dell'ovvio.
Il fantastico, in particolare,   serviva a Buzzati anche per scherzare: sosteneva infatti che la "pagina più riuscita è quella che insieme diverte e commuove" e che "nelle scuole ci dovrebbe essere innanzitutto una cattedra di scherzo". Solo per quest'affermazione penso che ai ragazzi leggere Buzzati faccia bene. Permette di raccogliere in terza riflessioni sui principali generi studiati lungo il triennio (favola, fiaba, fantasy, avventura, giallo, horror, cronaca) e di farne uso. Un maestro di scrittura 
 che grazie al mio lavoro ho piacevolmente ri-scoperto anch'io😊

martedì 3 dicembre 2019

https://drive.google.com/file/d/1InEExvfo_V_mUcX66L0VHLtOJxqngNYc/view?usp=drivesdk


lunedì 9 settembre 2019

"Compagni di viaggio" in barattolo

Quest'anno ho intenzione di presentare l'antologia, in prima, attraverso delle attività ludiche in più step.
Step 1 Il suo nome è "antologia"
Partirò come ogni anno dall'etimologia del termine "antologia", servendomi, però, di quattro immagini rispettivamente contenenti un prato di fiori, un cesto vuoto, due persone e un cesto pieno di fiori. Chiederò a ciascuna coppia di compagni di banco che mettano in relazione le 4 immagini, in modo che vengano fuori nella descrizione delle stesse le due parole-chiave della definizione: "raccolta" e "fiori".
Esse serviranno a spiegare agli allievi l'etimologia della parola "antologia", "raccolta di fiori" (dal greco "anthos"=fiore e "loghia"=raccolta), la quale allude al fatto che dentro a questo librone si trovano pezzi di storie (brani) o storie intere scelti dagli autori della raccolta (raccoglitori) ma non scritti da loro. Gli autori sono, infatti, coloro che hanno piantato i semi da cui è germogliato il fiore/storia.
Il "fiore" è pertanto quel brano o quella storia che gli antologizzatori hanno ritenuto più significativo per rappresentare le caratteristiche del genere d'appartenenza. E a questo punto spiegherò cosa s'intende per "genere", definendolo semplicemente come una sorta di "famiglia di testi con caratteristiche simili". Ciò perché il gioco dei titoli e generi in barattolo, il secondo step, possa avere inizio.
Step 2, Storie in barattolo
L'antologia in adozione dallo scorso anno è "Compagni di viaggio" della Loescher, la quale al primo anno propone lo studio dei seguenti quattro generi: favola e fiaba, avventura e fantasy.
Ciascuna coppia di compagni prenderà rispettivamente da un cestino un tot di titoli: sul banco ogni coppia provvederà a incolonnare i titoli presi rispettivamente sotto le quattro etichette che a ciascun gruppo saranno state consegnate e sulle quali vi sarà stato scritto "favola", "fiaba", "fantasy" "avventura". Vincerà la coppia che avrà saputo assegnare il maggior numero di titoli al genere d'appartenenza.
A quel punto si riempiranno quattro barattoli, ognuno rappresentante un genere dei quattro antologizzati, con i titoli che gli antologizzatori hanno scelto di raccogliere insieme.
Step 3: Gli ingredienti di ogni storia
Messe le storie attraverso i loro titoli nel barattolo- genere d'appartenenza, occorrerà scrivere gli ingredienti di cui ogni genere si compone. Per far ciò ad ogni coppia sarà consegnata una busta i cui ingredienti principali per ciascun genere saranno stati mescolati e la coppia di compagni dovrà mettere insieme i giusti ingredienti per ogni genere.
Vincerà la squadra che avrà associato il maggior numero di ingredienti a ciascuno dei quattro generi.
Step 4 Quattro per quattro
Si leggeranno a questo punto quattro storie, rispettivamente una favola, una fiaba, un testo d'avventura e un testo fantasy. Le coppie saranno chiamate a rintracciare tra i titoli che nello step 2 avranno messo in barattolo qual è quello rispettivamente di ciascuna storia letta.
Vincerà la squadra che avrà per prima indovinato tutti e  quattro i titoli o il più alto numero.
Step 5 Dalla prosa al verso
Qui occorrerà spiegare ai ragazzi cos'è un verso, definendolo come il "rigo del testo poetico". Sempre servendocisi del testo antologico in adozione si farà  notare ai ragazzi come la seconda sezione della loro antologia sia dedicata al testo poetico e si leggerà insieme proprio la filastrocca "Come si fa ad inventare favole" alle pp. 365-366 di Pietro Formentini. La lettura e l'analisi della stessa,attraverso gli esercizi guida proposti dal testo, serviranno a lanciare l'input per l'ultimo step di questo lavoro. Si chiederà infatti alla classe, sempre facendola lavorare in coppie, di trasformare in una breve filastrocca una delle quattro storie lette allo step precedente.
Dopo che la filastrocca sarà stata realizzata, riletta insieme all'insegnante ed eventualmente corretta, essa sara riscritta su un fiore che ciascuna coppia  realizzerà come meglio crede.
In questo modo la classe avrà una sua prima raccolta di fiori in versi, un'antologia che vedrà di ogni fiore una coppia di autori e che l'insegnante raccoglierà in un cesto di fiori per la classe.
Quanto, infine, ai barattoli essi potranno essere realizzati anche in cartoncino colorato: un colore diverso per ogni barattolo-genere dentro il quale potranno essere scritti i titoli delle storie che saranno lette in classe, gli ingredienti di genere, di modo che tali immagini possano diventare i nostri "Compagni di viaggio" tra le pagine della nostra antologia.♥️♥️♥️

lunedì 2 settembre 2019

Una tavola imbandita di libri tutti da gustare

Le tavole imbandite sono già di per sé un invito a gustare ciò con cui vengono apparecchiate.
Funziona così anche se i piatti sono libri con al loro interno storie le quali, possibilmente, stuzzichino l'appetito dei più giovani lettori. L'idea di una tavola apparecchiata con libri e proposte di letture varie  venne data da Caterina Ramonda, formatrice per educatori e bibliotecari, durante un corso di educazione alla lettura per i più piccoli presso la "Libreria per bambini e ragazzi" di via Stampatori a Torino. È già probabile che Caterina Ramonda non suoni come nome nuovo a chi sta leggendo questo post: la stessa è infatti coautrice di un blog bellissimo ed ottima fonte per la scelta dei libri da leggere in classe "bibliolettureragazzi"; inoltre scrive su Andersen, la rivista di letteratura per l'infanzia e per ragazzi più accreditata.
Tornando alla tavola imbandita, essa si rivela un'ottima strategia di presentazione di libri dopo la quale si lascia ai giovani lettori il piacere di scegliere quale/i storie gustare.
Il suggerimento della Ramonda è stato quello di puntare sulla varietà. Come per i cibi anche per i libri ognuno ha i propri gusti ed è giusto che quanti si siedono ad una tavola imbandita di libri da gustare possano avere la possibilità di scegliere e pertanto di non rimanere a digiuno.
In classe, pertanto, si potrebbero seguire diversi criteri.
Il primo è una presentazione di libri legata ai generi che verranno studiati nel corso dell'anno. E a me è quella che piace di più, perché facilita anche l'utilizzo dell'antologia come manuale sulle caratteristiche del/i genere/i di anno in anno studiati. Un altro criterio, però, potrebbe essere quello di puntare alle tipologie di storie che più piacciono ai nostri ragazzi, di solito gialli (e qui ci vengono in aiuto anche i volumi di una stessa serie ad esempio), fantasy (idem perché leggere una saga per intero potrebbe risultare più facile), avventura, horror.
Oppure scegliere il criterio tematico, puntando su un solo tema o su più temi complementari tra loro.
Il consiglio che la Ramonda dava a quanti eravamo presenti all'incontro è anche quello di fare attenzione alle copertine, che non siano fuorvianti e possibilmente anche ai testi ad alta leggibilità per lettori DSA. Ci esortava infine a non dimenticare di mettere sulla nostra tavola fumetti e albi illustrati la cui valenza didattica alle medie è assai spesso snobbata perché ignorata dalla maggior parte dei docenti.
E se si ignora qualcosa spesso è più facile dire che non piace anziché sforzarsi di conoscerne i pregi.
Io da quest'anno aggiungerò anche qualche audiolibro, ad esempio in CD audio o mostrando ai ragazzi come attingervi dalle numerose risorse in rete. Suggerirei, per cominciare, l'ascolto di quelli la cui voce narrante è anche protagonista della storia: il potere di immedesimazione del lettore che ascolta guidato da una voce vera che narra è davvero forte. L'ho provato quest'estate e tornerò spesso a rifarlo.
È chiaro che per imbandire una tavola con libri di cui se ne suggerisce la lettura ai ragazzi occorrerà loro mostrare che si conoscono gli ingredienti principali di cui ciascuna storia è fatta.
Sempre la Ramonda, durante il suo incontro, ci suggeriva come creare un filo rosso- per generi o per temi- tra i libri da presentare. Introdurre la trama, leggere gli incipit che spesso sono un'esca per attirare la curiosità dei lettori su come procede la storia, mostrare le illustrazioni sono tutti modi per avvicinare gli invitati alle singole portate del banchetto. Circa il numero delle stesse, infine, si può scegliere anche lì di metterne o tante quanti sono gli invitati o qualcuna in più. E magari, perché no, preparare un menù guida da distribuire  a ciascun lettore perché abbia anche solo un'idea iniziale delle varie portate.
A quel punto, una volta che saranno state scelte con cura le vivande per la tavolata di libri basterà annunciare ai ragazzi quando il banchetto si svolgerà, dove (in classe o in biblioteca),  distribuendo una sorta di invito allo stesso con un titolo curioso in modo da allettare quanti saranno stati invitati a partecipare.
E buona degustazione a loro!

sabato 31 agosto 2019

Di un parco, di un gioco e di un'avventura per imparare la grammatica

Furio Mangiafuoco è un professore, fiero creatore di un parco di divertimenti unico al mondo: Grammaland, questo è il suo nome, è l'unico parcogiochi  nel quale si insegna la grammatica. C'è "l'ottovolante dell'apostrofo, la giungla della I, il tunnel degli orrori di Congiuntivik" e i ragazzi cercano di non "cadere nei trabocchetti ortografici e sintattici che li catapultato in aria o li fanno precipitare nelle botole ecc...". È frequentatissimo Grammaland, perciò quando Fuorio viene contattato dal suo vecchio maestro Evaristo Tritacarne, il quale gli parla di un'invenzione assai particolare, a Furio viene in mente che essa potrebbe permettergli di aprire una nuova sezione del suo parco. Già, perché Evaristo pare abbia trovato il modo di trasformare le parole in cose, ma affinché questa trasformazione si realizzi le parole, le frasi e le storie dovranno essere SCRITTE BENE. Evaristo, che confessa al suo ex allievo ormai adulto di avere il proprio laboratorio segreto proprio al centro del parco che confina con Grammaland, ha bisogno, però, di cavie per provare che la sua invenzione funzioni. Ecco perché ha scritto a Furio, affinché questi, insieme ad un piccolo gruppo scelto di allievi, vada a trovarlo nel suo laboratorio cimentandosi nel gioco che Tritacarne loro proporrà. Non anticipa null'altro di più nella sua email.
Furio accetta pertanto l'invito e in compagnia di  tre ragazzi e altrettante ragazze va a fare visita al suo vecchio maestro.
Questi, però, non rivela al suo ex allievo quale destino attende i sei ragazzi che faranno da cavie alla sua invenzione: li fa accomodare su delle poltrone, fa loro indossare un casco e poi, attraverso un trasformatore neurocibernetico, trasforma i sei ragazzi in altrettanti personaggi di un fumetto.
Furio allora scatena ciò cui il suo nome rimanda la sua furia verso il maestro Tritacarne, il cui cognome peraltro lascia davvero ben poco sperare che i sei ragazzi tornino prima o poi alla realtà. Questi ultimi, infatti, vengono catapultati dentro Scriptoria, un mondo virtuale che impone loro di superare diversi livelli di gioco che hanno tutti a che fare con il mondo della scrittura. Come ogni videogioco anche a Scriptoria il superamento di ciascun livello permetterà l'accesso a quello superiore fino alla vittoria finale, quella che dovrebbe riportare nel mondo reale i sei ragazzi.  Né Evaristo, però, né i ragazzi sanno se ciò mai accadrà...
"Scrivere bene è un gioco da ragazzi" di Massimo Birattari è, come recita lo stesso sottotitolo, "un corso di scrittura avventuroso come un romanzo" o un romanzo d'avventura per imparare a scrivere bene.
Ad ogni livello di gioco, 10 in tutto, sparsi per altrettanti capitoli non sempre consecutivi, i sei ragazzi protagonisti si cimentano in attività di scrittura e nelle discussioni che ruotano intorno ad esse. Si parte da un'operazione apparentemente semplice quale quella di "semplificare" un brano per renderlo più chiaro. La semplificazione, infatti, è un esercizio che richiede una serie di accorgimenti formali che non alterino, però, il contenuto del testo su cui s'interviene: ogni informazione essenziale all'interno di quest'ultimo, infatti, dovrà essere preservata durante la sua semplificazione. Seguono la scrittura di istruzioni, il racconto (si badi non la descrizione!) di un ambiente, l'invenzione di animali fantastici e la creazione di un personaggio, la scrittura di una visione del mondo da parte di un oggetto, la transcodificazione da un genere all'altro ed altre trasformazioni narrative, la crazione di un ambiente extraterrestre e, solo a questo punto, si giunge al livello 10. Qui si chiede ai giocatori virtuali e reali di provare a mettere insieme una storia coerente, attingendo a quanto è stato via via prodotto fino al livello precedente.
Il bello è che oltre alle istruzioni per il superamento di ciascuno livello-gioco i lettori si troveranno a condividere con i loro coetanei personaggi del libro quei dubbi e quelle osservazioni che di fronte a certi input di scrittura albergano spesso in chi deve scrivere e che talora, in classe, non vengono affrontati. È anche questo, come "23 regole per diventare scrittori" di cui parlo nel precedente post, un metalibro scritto perché altri imparino a scrivere.
Io me ne servirei in una prima o in una seconda classe, quando generalmente si affronta anche il genere d'avventura.
In appendice al libro, inoltre, Massimo Birattari regala ai suoi lettori degli spunti di scrittura altri sempre corrispondenti ai vari livelli di gioco affrontati dai protagonisti.
E non si dimentichi che Grammaland, esiste veramente...o virtualmente, sempre ammesso che i due piani siano ormai distinguibili.
Si trova qui, a questo link, qualora venisse voglia a qualcuno di visitarlo: io ci vado spesso e mi diverto pure.😊😊

venerdì 30 agosto 2019

La scatola di zio Evaristo: kit di ri-animazione della scrittura in classe

Immaginiamo di entrare in classe (possibilmente in una classe prima) accompagnati da una scatola rossa e chiusa. Le scatole, ancor più se chiuse, suscitano la curiosità di chi attende di sapere cosa contengono.
La prima cosa che potremmo tirare fuori da essa sarebbe il libro che leggeremmo insieme a loro, ma questo spezzerebbe l'incantesimo e porterebbe i ragazzi a pensare che si è solo voluto far fare ad un libro un ingresso più scenografico in classe.
La scatola, infatti, dovrebbe essere di medie dimensioni, non più grande di una scatola per calzature. Se poi se ne usasse una vecchia possibilmente di legno o di altro materiale sarebbe meglio: e come già detto prima, di colore rosso.
Cosa tirare fuori per primo dalla scatola? Una vecchia audiocassetta, ad esempio, con al suo interno una voce narrante che legga l'Introduzione al libro "23 regole per diventare scrittori", di Perdomenico Baccalario e Alessandro Gatti. In mancanza di un'audiocassetta si potrebbe optare per un CD, più facile da reperire e far ascoltare in classe ai ragazzi.
L'ascolto dell'introduzione al libro servirebbe ad entrare dentro la storia, terminato il quale si potrebbe tirare fuori dalla scatola il primo oggetto numerato, uno specchio. E continuare...anzi cominciare con il primo oggetto-regola per la buona scrittura.
Di manuali sulle regole per scrivere bene è pieno il mondo, specie quello della scuola. Diventa, però, assai più interessante a mio parere, per un pubblico di giovani lettori, imparare delle regole dentro una storia che faccia loro da cornice. È questa l'idea alla base del libro di Baccalario e Gatti.
In "23 regole per diventare scrittori" Alessandro Gatti e Pierdomenico Baccalario, autori in carne ed ossa, immaginano che due scrittori in carta e inchiostro, Gianfederico Slaccabardi  e Arturo Felini, siano stati invitati su un'isola per prendere parte ad uno stranissimo convegno sul romanzo breve e il racconto lungo😊. E che colti dalla tempesta "malmostosa" (Gatti e Baccalario sono entrambi sabaudi😂) si siano ritrovati a trascorrere la notte in una locanda del posto.  Lì la figlia dei proprietari, un'adolescente di nome Gilda, appresa la notizia di ciò che i due fanno di mestiere, mostra loro una strana scatola-quella con cui si entrerebbe in classe-  appartenuta ad uno zio di famiglia, zio Evaristo, che amava leggere e scrivere, ma non solo...
Così approfittando del lungo blackout che ha fatto saltare la corrente e la possibilità di vedere la partita per i due avventori, la ragazzina decide di coinvolgerli non solo nell'apertura della  scatola, ma anche nella decodifica degli oggetti che essa contiene: sono 23, tutti numerati e a detta dello zio Evaristo costituiscono il "kit dello scrittore". Ma perché? È quello che Gilda vorrebbe scoprire.
Si comincia da uno specchio e si arriva ad un "coso" indecifrabile, passando per uno strano foglio, un paio di occhiali senza lenti, una vecchia foto di classe, un soldatino, un passaporto di nessuno, il mirino di un vecchio fucile, due fiori intrecciati ecc...
Ognuno di questi oggetti misteriosi rimanda all'arte dello scrivere, questo sembra voler dire zio Evaristo a Gilda: ma in che modo?  Qual è il legame tra ciascun oggetto e la possibilità di diventare uno scrittore?
Ad ogni oggetto e all'indagine sulla sua funzione nel mondo della scrittura è dedicato rispettivamente ciascun capitolo del libro. E alla fine di ogni capitolo vi è una paginetta dal titolo "Ma in pratica...?" che permette al docente di far cimentare i ragazzi in graduali step di scrittura, fino al gran finale...
Una sorta di metalibro, dunque, un manuale di scrittura dentro una storia,  frutto del lavoro di due bravissimi scrittori per ragazzi quali Gatti/Felini e Baccalario/Slaccabardi, amici nella vita oltre che sulla carta.
Proprio perché alla fine del libro e perciò della storia gli allievi dovrebbero aver acquisito gli strumenti per poter scrivere una una storia tutta loro, il finale potrebbe perciò essere proprio un piccolo concorso di scrittura creativa sul cui tema l'insegnante potrebbe sbizzarrirsi. Alla fine del libro c'è anche un indirizzo cui Felini e Slaccabardi invitano a spedire la storia che ciascuno avrà scritto:
23@bookonatree.com
E se poi rispondessero veramente?😊😊😊
Non rimane che provare per credere.

giovedì 29 agosto 2019

Di quando per ri-animare un libro lo si processò

Qualche anno fa, in una classe prima, la lettura del libro di Jules Verne "Il giro del mondo in ottanta giorni" fu oggetto di un animato (e inaspettato) confronto in classe. Era ancora il tempo in cui i libri da leggere li sceglievo io per loro, tempi ormai superati da ben altre e più democratiche modalità di scelta😊, che cercano di incontrare i loro gusti seppur di fronte ad un menù da me preparato.
La classe, allora, si spaccò in due parti, l'una a sostegno di un compagno detrattore della storia e l'altra a sostegno della compagna che aveva apprezzato le imprese di Mr Fogg. Ed io che avevo acquistato da poco tempo il libro di Carlo Carzan e Sonia Scalco "RI-animare la lettura", cui rimanda anche il titolo di questo post, trovai quell'occasione utile per realizzare il nostro primo "processo ad un libro".
Si distribuirono le parti di pubblico ministero e avvocato difensore, testimoni e giurati.
Si lasciò ai primi due la possibilità di preparare un testo a testa (o un testa a testa😊), di scegliere ciascuno i propri testimoni quelli a favore dell'accusa e quelli a favore della difesa, i quali sarebbero stati sottoposti ad un certo numero di domande precedentemente preparate e volte ad avvalorare i capi d'accusa, da un lato, e quelli della difesa dall'altro. E poi giunse il giorno del processo, nel quale l'aula fu disposta in modo da somigliare a quella di un tribunale. La serietà con la quale si prese parte al "gioco" fu esemplare, ricordo. Anche perché c'era stato a monte dello stesso un buon lavoro di preparazione. E se i ragazzi sono spinti a giocare dopo essersi preparati per farlo, la percezione del gioco li rende più seri e consapevoli di ogni loro azione.
La classe-al netto del pubblico ministero e dell'avvocato difensore- aveva eletto i membri della giuria. Due compagni furono scelti per essere giudici a latere della sottoscritta, con il compito, però, di trascrivere una sorta di verbale del processo perché ce ne restasse memoria. Io avrei solo dovuto moderare e limitarmi a leggere il verdetto quando la giuria lo avesse emesso.
Fornii un formulario semplice ai giurati attraverso cui avrebbero potuto impostare il verdetto finale. Tanto l'arringa scritta dal pubblico ministero quanto quella di chi difendeva il libro erano state corrette solo nella forma da me e nei giorni che avevano preceduto il processo, avevo suggerito sia in un caso che nell'altro un ampliamento delle rispettive argomentazioni. Eravamo entrati nel vivo del testo argomentativo, che in genere in prima non affronto ma che quell'esperienza sarebbe servita ad introdurre. Come finì? Per un voto a favore della difesa le avventure di Mr Fogg furono assolte.
Non mi è più capitato di realizzare in questi anni, in una classe, un processo ad un libro, ma vorrei riprovare. È a mio parere un utile strumento di discussione a seguito di una lettura condivisa, e perché no, anche a seguito della visione di un film, della lettura di un brano antologico. Di certo è un'esperienza formativa per i ragazzi che li abitua al confronto delle parti. In un'epoca nella quale si twitta e si posta, in un'epoca nella quale le piattaforme virtuali sarebbero strumenti di una maggiore democrazia (o fonte di reclutamento per legioni di imbecilli, ebbe a dire la buon'anima di Eco😊♥️) che i ragazzi imparino a sostenere una tesi anziché un'altra, a battersi per l'una o per l'altra ma sempre nel rispetto dell'avversario, è buona cosa a mio parere. È un  utile esercizio di ri-animazione di ciò che si è letto ed un modo, altrettanto utile, d'imparare ciò che due avversari dovrebbero sapere: " ciascuno, per la propria parte, è nel giusto soltanto a metà". 😊😊

mercoledì 28 agosto 2019

Versi perversi...ed anche un po' persi

Cercando un'attività di accoglienza per una classe prima, un'accoglienza per così dire anche "narrativa", quest'anno ho pensato di servirmi di alcuni dei "Versi per-versi" di Roald Dahl,
nella traduzione di Roberto Piumini.
L'idea è quella di accogliere i fanciulli e le fanciulle nei primi giorni  con uno dei generi letterari a loro già noto e il cui studio si affronta proprio in prima (la fiaba), e di farlo anche con l'ausilio dei versi, che più facilmente sapranno condurre gli allievi verso la ricostruzione della storia.
Sezionata in tot sequenze una fiaba riscritta perversa-mente in versi da Dahl, i versi in piccoli gruppi, saranno dispersi in un mucchio centrale, per terra. Intorno ad esso ci si siederà formando un cerchio, insieme all'insegnante. Sentire che la/il docente è parte del gruppo di lavoro che si è appena formato rientra nelle finalità del lavoro stesso.  Ognuno, a partire dall'insegnante, alla quale toccherà esplicitare solo il titolo della fiaba, dovrà di volta in volta, rispettando il proprio turno, presentarsi alla classe dicendo il proprio nome e leggendo il gruppo dei  versi, quelli di cui sarà venuto in possesso pescando dal mucchio. Si percorrerà il cerchio in senso orario partendo dall'insegnante.
Ad ogni giro di lettura si dovrà individuare la prima sequenza, poi la seconda, poi la terza e così via. La fiaba in versi, infatti, sarà stata suddivisa dalla docente in tante sequenze quanti saranno gli allievi del gruppo. L'iterazione della lettura per giri consentirà ad ognuno di ascoltare la propria voce in mezzo agli altri e quella degli altri oltre alla propria, di disporre prima o poi la propria sequenza di versi ricostruendo l'ordine della storia: le sequenze su cartoncino passeranno così dall'essere un mucchio di versi dispersi al diventare una figura che per terra si comporrà via via e che potrebbe diventare una sorta di logo/simbolo della neonata classe. Ciascuno/a,  inoltre, dopo aver collocato la propria sequenza nell'ordine cronologico della narrazione  andrà a sedersi di fianco al/alla compagno/a in possesso dei versi che precedevano i propri. Il cerchio di cui alla fine si continuerà ad essere parte sarà nuovo rispetto a quello che si era casualmente costituito all'inizio.
Farà seguito a quel punto-in una giornata successiva alla prima attività- una riflessione sull'aggettivo "perverso" e sul sostantivo "versione": quel che rende, infatti, i versi di Roald Dahl "perversi" è proprio la nuova versione in cui egli sceglie di raccontare alcune delle fiabe più note.
Il lavoro che proporrò ai ragazzi in questa seconda fase verterà, in particolare, sul confronto tra due fiabe perversa-mente riscritte da Dahl, "Cappuccetto rosso e il lupo"- quella che loro avranno ricostruito- e "I tre porcellini". Le due storie sono, infatti, solo apparentemente legate dalla presenza in entrambe del lupo cattivo, il più perverso per tradizione.
Il fine di questa seconda attività sarà proprio una riflessione sulla morale implicita che le due storie recano: se, infatti, è vero (?) che il lupo perde il pelo ma non il vizio, è anche vero che le apparenze possono spesso ingannare. E questo vale tanto per il lupo quanto per l'amabile Cappuccetto, come capirà il povero Porcellino, a spese della propria pelle!😊
La terza attività con cui si concluderà la nostra accoglienza sarà quella di attingere alla prima fiaba dell'antologia in adozione. Toccherà a quel punto al gruppo classe, docente e discenti, lavorare su un testo che verrà letto, suddiviso in sequenze e riscritto in versi, il tutto perversa-mente insieme.
Sarà solo l'incipit di un anno  tutto da scrivere, possibilmente spesso in versi e perché no, anche per-versi😁😁

lunedì 29 luglio 2019

Avviso per la classe I A (compiti per le vacanze dal blog)

I compiti dal blog non possono essere ancora caricati a causa di un guasto al pc da parte della sottoscritta. Si pensava il danno fosse di più facile riparazione, ma al momento non mi è ancora stato comunicato se entro la prima metà d'agosto il pc potrà essere riparato.
In questo momento pertanto non disponendo di altro supporto tecnologico oltre al telefono- che non mi permette di caricare i file- e non sapendo quando il pc potrà tornare funzionante, causa vacanze, consiglio che per lo svolgimento dei compiti assegnati, ci si attenga SOLO a quanto assegnato sul quaderno di geo e alle letture del/i romanzo/i storico/i consigliate.
Scusandomi per il disagio, auguro a tutti BUONE VACANZE

mercoledì 24 aprile 2019

25 aprile, la Liberazione. Che festa è?

Oggi che festa è? È la festa della Liberazione. Ma cosa significa? Quando e chi ci liberò? E, sopratutto, da cosa ci liberammo?
Fra il 1922 e il 1943, per oltre vent'anni, l'Italia era stara una dittatura con a capo colui che si faceva chiamare "duce", Mussolini. Il regime che Mussolini instaurò incontrò il sostegno, il consenso di tanti italiani che la pensavano come lui; altri, invece, per viltà, paura, disinteresse hanno preferito non vedere cosa accadesse. Cosa fu il fascismo, la dittatura di Mussolini, lo vedremo meglio il prossimo anno, ma vi basti immaginare che sotto dittatura le libertà fondamentali dell'uomo (di parola, di sciopero, di opinione, di associazione...) vennero negate. E chi si opponeva alle "leggi" del dittatore rischiava il confino (l'esilio) o la morte. Poi nel 1938 entrarono in vigore le leggi razziali in Italia che l'amico di Mussolini, Hitler, al potere in Germania dal 1933, aveva emanato nel suo paese già tre anni prima. E per gli ebrei anche in Italia fu l'inizio della catastrofe: tanti ebrei nati e cresciuti in Italia da generazioni furono  discriminati, perseguitati, ghettizzati e deportati fino ad eseere sterminati nei campi di sterminio. Ma tutti gli italiani erano fascisti all'epoca? No. Ce ne  furono di antifascisti sin dall'inizio di questa storia. Vi faccio tre nomi di tre personaggi di cui vi racconterò la storia: Giacomo Matteotti , Piero Gobetti e Antonio Gramsci. Perché loro tre? Perché la loro morte avvenne proprio nei primi anni in cui Mussolini salì al potere. Le loro parole di opposizione al pensiero del duce infastidiscono al punto che Matteotti nel 1924 fu rapito per aver denunciato Mussolini in Parlamento e aver detto che i fascisti avevano vinto le elezioni perché mettevano paura alla gente e la minacciavano con i manganelli.  Per queste parole venne trovato settimane dopo pestato a morte vicino Roma.
Piero Gobetti, nel 1926, all'uscita dalla redazione della  rivista che dirigeva a Torino venne massacrato a botte e ridotto in fin di vita. Mussolini lo chiamava "insulso oppositore" per le sue parole contrarie al regime. A causa delle percosse ricevute Piero morirà poco dopo a Parigi dove insieme alla giovane moglie Ada incinta si erano trasferiti. Piero muore poco prima che nasca il suo unico figlio, Paolo, che lui, purtroppo, non conoscerà. E poi Antonio Gramsci, che venne incarcerato perché fondatore del partito nemico del fascismo, quello comunista. Si ammalò in carcere ma non fu fatto uscire e morì nel 1937. Sono tre storie esemplificative di quello che accadde negli anni del ventennio fascista a chi non si spaventava di manifestare la propria opppsizione al dittatore. La paura era tanta però.
Poi scoppiò la guerra nel 1939 e siccome Hitler che l'aveva provocata era alleato di Mussolini anche l'Italia vi entrò nel 1940: il 10 giugno del 1940. Fino al 1943 Italia e Germania saranno alleate in guerra e combatteranno fianco a fianco; ma le cose si mettono male dal '41-42 per la Germania. E così dal 1943 le cose cambiano. Il re d'Italia, Vittorio Emanuele III che aveva consegnato l'Italia a  Mussolini nel 1922, decide che quest'ultimo venga destituito, cioè che a Mussolini venga tolto il potere. D'altronde il consenso verso Mussolini era sceso parecchio. Egli fu prima incarcerato e poi però liberato dai suoi alleati tedeschi. Ma l'Italia a quel punto si spacca in due: ci sono infatti ancora tanti fascisti cioè quanti fanno il tifo per Mussolini e si schierano dalla sua parte; nel frattempo però gli antifascisti sono aumentati e tanti saranno i giovani che si ribellano a ciò che fino ad allora è stata l'Italia, si procurano armi come possono e si rifugiano tra le montagne per combattere come meglio possono i soldati tedeschi che vengono ad occupare la nostra penisola. I tedeschi considerano l'Italia traditrice perché il 3 settembre del 1943 essa ha firmato un patto segreto con gli Alleati, gli Inglesi e gli Americani, spezzando l'alleanza con la Germania. Perciò i tedeschi di Hitler occupano il nostro Paese dal '43 e danno una mano a Mussolini che si vuole riprendere l'Italia tutta. Lui, nel frattempo ha creato una piccola repubblica fascista al nord, chiamata RSI, la Repubblica Sociale Italiana o di Salò.
I tanti giovani  che dal '43 al '45 hanno combattuto per liberare l'Italia dalla presenza dei nazifascisti vennero chiamati "banditi", "ribelli" dai loro nemici; tra loro essi si chiamavano "partigiani". E tra i tanti partigiani che combatterono nelle nostre valli, tra le nostre montagne e che il 25 aprile del 1945 e nei giorni seguenti riuscirono a scendere nelle città principali del nord Italia (Torino, Genova, Milano) e a liberarle c'era anche il giovane Paolo Gobetti, che era nato nel 1926 e all'epoca era appena diciannovenne. Paolo onorò la memoria di un antifascista come suo padre non solo divenendo partigiano, ma dando vita anni dopo a Torino all'ANCR all'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza che si trova in corso Valdocco a Torino.
Insieme ad un amico, Giuseppe Risso, Paolo realizzò un docufilm sulla lotta partigiana, le cui scene raccontano come tra il '43 e il '45 i partigiani vissero tra le montagne e combatterono contro il nemico nazifascista.
La Resistenza cui diedero vita i partigiani fu combattuta in tanti Paesi in Europa occupati sin dal 1940 dall'esercito di Hitler: prima di tutto in Francia, dove il termine "Resistenza" nasce e dove i partigiani si chiamavano "maquisard" da "maquis", la macchia, la selva dove trovavano rifugio durante la loro lotta. Il docufilm realizzato da Gobetti  s'intitola "Lotta partigiana" e se volete vederne qualche scena lo trovate al link della pagina di Wikipedia. Questa pagina wikipediana dedicata al film di Gobetti e Risso è nata solo scorso anno. Grazie al corso promosso dall'istituto Istoreto, io e la classe III A l'abbiamo realizzata proprio sotto la guida di alcuni membri dell'ANCR, Adriana Toppazzini e Corrado Borsa.
Buona festa della Liberazione a voi e buona lettura/visione della voce/docufilm "Lotta partigiana"

venerdì 4 gennaio 2019

Tre dee alla scuola media (di Lia Celi)

Ridere di gusto non è sempre facile con i romanzi per ragazzi ma qui l'autrice, Lia Celi, (assai preparata su questioni mitologiche😍) trasferisce la sua arguzia ai personaggi del mito (con battute in linea con i tempi cui appartengono!) ed agli umani di oggi dentro il cui mondo finiscono le tre dee più capricciose dell'Olimpo, Atena, Afrodite e Artemide. Zeus, infatti, vuole punirne la condotta spesso eccessivamente vendicativa verso gli uomini. Intanto all'Olimpo giunge Lachesi che allarma gli dei predicendo loro che gli uomini presto li sostituiranno con altri idoli, perché stanchi degli intrighi divini e gli abitanti dell'Olimpo incolpano Omero per lo scadimento della loro fama😂😂Ed ecco allora l'idea di Zeus: convincere suo padre, il vecchio Cronos in esilio presso le Macaroi Nesoi proprio grazie a Zeus, a dargli una mano.
Cronos vede nell'offerta che suo figlia gli fa giungere grazie ad un timoroso Ermes, un'occasione di riscatto: accetta perciò di dare una mano a suo figlio, ma gli gioca un brutto tiro e non solo a lui. E siccome l'accordo era che le tre dee finissero nel bel mezzo della Titanomachia affinché imparassero, lottando, cosa aveva significato per i più importanti dei
dell'Olimpo prendersi troni e poteri,  Cronos  le spedisce sì in mezzo ai Titani in lotta, ma tra quelli rappresentati su di un grande quadro  che si trova nell'androne di un palazzo. Lì vive anche Lorena Balducci, prof di Lettere appena andata in pensione.
Ed è proprio davanti agli occhi increduli della prof che sta per andare a fare jogging che tre adolescenti scarmigliate e seminude si ritrovano a discutere e a litigare tra loro.
La donna all'inizio crede di avere le visioni, specie quando sente come le ragazze si apostrofano tra loro, usando nomi ed espressioni altisonanti e addirittura in greco! È abituata ad altro linguaggio adolescenziale e perciò crede di essere finita in un classico...sogno. Ma quando Afrodite nuda esce per strada spalancando il portone del palazzo e provocando un tamponamento a catena, la prof capisce che deve mettere in salvo queste strane ragazze da un mondo che loro non sembrano pronte ad affrontare, a partire da come sono vestite, anzi da come non lo sono😂
E allora le porta su con sé, tenta di dar loro qualcosa da mangiare ma le tre giovani dee sembrano non comprendere cosa debbano farsene di quelle ciotole che la donna presenta loro. Poi un profumo stuzzica le loro narici: è il profumo di arrosto che sale dal kebabaro  sotto casa della prof, "Spiedini divini", e ad Atena, Afrodite e Artemide ricorda il fumo dei sacrifici di cui solo si sanno cibare insieme al nettare e all'ambrosia.
Le scene delle tre dee nei corpi di altrettante adolescenti di oggi, ma senza i loro poteri divini, sono davvero esilaranti da questo momento in poi.
Le battute rudi di Artemide, la più selvaggia delle tre, quelle sensuali e talora sciocche di Afrodite se la devono sempre vedere con le pungenti e geniali osservazioni  di Atena, colei che ne sa sempre una più di tutti!
E quando a casa della prof giunge Amerigo, che frequenta la terza media e va da lei a lezione di italiano, la matassa si complica.
Amerigo è il classico sfigato che a scuola chiamano "Cicciorigo" e che di fronte alle tre divine ragazze e ai loro racconti si convince  di trovarsi di fronte a delle eroine provenienti da un'altra dimensione. Ma l'unica "altra dimensione" che Amerigo conosce è quella  dei videogiochi e perciò al racconto delle tre giovani dee lui pensa che Atena, Afrodite e Artemide siano davvero  tre eroine  le quali hanno perso i loro superpoteri nel passaggio dalla loro dimensione a quella reale. Amerigo si sente investito finalmente di una missione, di un ruolo, che nessuno, men che meno la scuola, è finora riuscito a dargli.
La prof Balducci capisce  allora che questa missione, come la chiama lui,  può tornare utile, oltre che a lui, anche a lei  ed alle "sue" ragazze. Già perché nel frattempo la prof ha dovuto  spacciare le tre dee per le sue nipoti appena arrivate dalla Grecia e derubate di ogni cosa all'aeroporto. È l'unico modo per giustificare alla polizia giunta alla sua porta  dopo il mega tamponamento provocato dalle nudità afrodisiaci, cosa ci fanno tre ragazze seminude in casa sua.
L'iscrizione temporanea alle medie per le tre finte nipoti è la soluzione che alla prof appare pertanto più indicata.  Sceglie la sua  ex scuola, quella in cui lei, seppur in pensione, è rimasta un'istituzione.
Il resto è un tuffo tra gli orrori e gli errori che il mondo delle medie oggi fanno vivere un po' a tutti, compresi i prof., e con cui dovranno fare i conti anche Arty, Aty ed Afry Olympos😂😂😂 

E all'Olimpo, nel frattempo? È tornato il Caos e gli dei vengono investiti dalla crisi che infuria in ogni settore delle umane attività per l'assenza delle tre dee. 

Le risate sono assicurate e sempre infarcite di cultura classica che si rivela alla fine terapeutica per tutti, personaggi e lettori.
È una straordinaria lezione su come attualizzare i miti oggi, alla portata di ragazzi che spesso i veri miti li conoscono poco o affatto😀😀😀

martedì 1 gennaio 2019

Abbiamo toccato le stelle di Riccardo Gazzaniga

Un'"astro-logia" sportiva, una piccola raccolta di grandi stelle del mondo sportivo e non solo, di campioni nell'accezione più ampia del termine, come chi "difende con forza e coraggio una causa o un ideale nobile".
È una raccolta di 20 racconti, uscita due giorni fa per la casa editrice Rizzoli, dello scrittore genovese  Riccardo Gazzaniga, dal titolo  "Abbiamo toccato la stelle".
Ci sono le storie di Tommie Smith e John Carlos, di Zanardi, di Muahammad Alì, di Surya Bonaly, di Gino Bartali, di Terry Fox, di Mikael Lindnord e del cane Arthur, di Peter Norman ecc...
La bellezza di queste storie-tutte- sta nel filo rosso che le accomuna e nel modo in cui la bella penna di Gazzaniga ha saputo raccontarle. I protagonisti sono uomini o donne che hanno dovuto scontrarsi con pregiudizi, divieti o grandi difficoltà,  legati al colore della propria pelle o al proprio sesso o all'uno e all'altro insieme; che hanno conosciuto i volti della malattia o della disabilità propria o di persone a loro vicine, senza smettere di lottare.
Campioni nella vita oltre che  nelle loro discipline, pertanto diventate stelle, perché non hanno solo  raggiunto traguardi o conseguito medaglie nello sport praticato-e talora neppure quelle-,  ma sono saliti sul podio della storia, della memoria della gente del loro tempo e di quello a venire, per l'eclatanza dei loro gesti che "in-segnano", lasciano il segno: gesti di ribellione e di lotta per i diritti di tutti, gesti di amore per la vita.
Ho portato con me il libro leggendone d'un fiato le prime 12 storie, mentre aspettavo mio marito  che facesse un esame, martedì scorso: quando sono seduta nella sala d'aspetto di un ospedale per me è cosa rara trovare concentrazione nella lettura, perché mi lascio distrarre dalle preoccupazioni dell'attesa. Ma quando ho iniziato a leggere le prime pagine della storia di Tommie Smith e John Carlos è stato come se i miei pensieri fossero stati presi per mano da quelle parole, come il campione che tiene per mano il bimbo nell'immagine di copertina del libro.
E senza che mi accorgessi del tempo che intanto passava mi sono ritrovata al fondo di un'altra splendida storia, quella della pattinatrice di colore Surya Bonaly,  ritiratasi dopo il suo mortale salto all'indietro non previsto alle olimpiadi del 1998: "Se non prendi una medaglia, non significa che non vali niente. E poi a che servono le medaglie? A raccogliere polvere? Io dico ai miei pattinatori: cercate di essere felici, quando pattinate. Se avete fatto del vostro meglio, allora avete fatto bene".
Questa, mi sono detta, sarà  la frase con cui quest'anno accoglierò i miei allievi in classe, per poi iniziare a raccontare loro nei giorni a venire anche  queste belle storie.
Sono storie che fanno  bene ai ragazzi, ma non solo a loro: perché dentro c'è il sacrificio di chi ne è  protagonista, il prezzo dello sforzo per raggiungere una conquista, per lavorare sui propri talenti. Ma anche il prezzo pagato da chi si è ritrovato talora a rinunciare alla propria medaglia metallica  per vincere una più importante  battaglia ideale.
E poi la storia di questo libro è anch'essa esemplare, perché nato da un post, scritto qualche anno fa su Facebook  da Gazzaniga sulla storia di Peter Norman che ha fatto il giro di diversi paesi del mondo, scatenando anche l'ira del comitato olimpico australiano che gli aveva ingiunto di ritrattarlo. Gazzaniga ha tenuto testa e ha detto no, ricevendo tempo dopo dall'Australia un messaggio di tutt'altro tono firmato dal nipote di Peter Norman che lo ringraziava per quanto da lui scritto su suo zio, dichiarandosi al suo fianco per questa battaglia di memoria.
Gazzaniga, Matt ma soprattutto Peter Norman, sebbene ormai morto, alla fine la loro battaglia l'hanno vinta: il comitato olimpico australiano a distanza di cinquant'anni ha scelto di conferire l'ordine al merito a Peter Norman per riparare agli errori commessi, cosa a cui avrà contribuito anche il post di Gazzaniga, divenuto racconto e appartenente a questa bellissima raccolta.
Leggerla dà davvero la sensazione di toccare le stelle!
(mia recensione pubblicata sulla mia pagina Facebook il 6 settembre del 2018)
Il lavoro della III C sul testo